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Ipsen rivela i risultati di una nuova ricerca che fa emergere la difficile realtà affrontata da coloro che sono stati colpiti da un ictus e dai loro familiari.

L’indagine, condotta a livello europeo su oltre 500 pazienti reduci da un ictus, ha evidenziato che 9 persone su 10, tra quelle con occupazione lavorativa al momento dell’evento acuto, hanno subìto un impatto negativo nella loro attività. In particolare, i dati mostrano che i giovani tra i 30 e 44 anni sono i più colpiti in termini di impatto sulla carriera: circa 1 persona su 3 ha dichiarato di aver ridotto il proprio orario di lavoro e 1 su 4 è stata costretta ad abbandonare del tutto il lavoro.

Lo studio evidenzia, inoltre, l’impatto che l’ictus ha sulla vita lavorativa dei familiari del paziente che, per quanto riguarda in particolare l’Italia, indica che il 35% ha dovuto assentarsi dal lavoro per prendersi cura del congiunto, e il 12% ha dovuto rinunciare al lavoro per più di un anno.

Restando in Italia, emerge che circa la metà delle persone intervistate spera in un miglioramento della mobilità, e il 48% vuole prevenire un altro ictus; il 36% desidera un miglioramento della funzione cognitiva, il 29% la riduzione del dolore e il 23% il miglioramento del linguaggio.

Per quanto riguarda l’informazione ricevuta dagli specialisti, in particolare sul deterioramento cognitivo come conseguenza a lungo termine di un ictus, circa il 30% degli intervistati in Italia ha dichiarato che l’informazione è arrivata nel corso di visite di follow-up.

“Questa indagine europea – afferma Paola Mazzanti, Direttore Medico di Ipsen Italia – mostra la necessità di un maggiore coordinamento dei vari soggetti coinvolti nella fase post-ictus per assicurare la massima tempestività nell’intervento e nei trattamenti riabilitativi. Ipsen da oltre 30 anni è impegnata su questo fronte con una terapia mirata per il trattamento della spasticità post-ictus, una condizione che ancora oggi, solo nel nostro Paese, colpisce oltre il 30% di coloro che hanno superato la fase acuta”.

Ogni anno, in Italia, sono 100mila le persone colpite da ictus. Di loro, 45mila riportano disturbi neurologici spesso invalidanti, come la spasticità. I trattamenti riabilitativi, soprattutto se intrapresi precocemente, sono in grado di permettere al paziente il ripristino di molte delle funzionalità compromesse e il recupero di una buona qualità di vita. Ad oggi, solo il 18% dei pazienti che sopravvivono ad un ictus riceve una diagnosi di spasticità e soltanto 5.000 di essi beneficiano del corretto trattamento.

Il Past President dell’associazione A.L.I.Ce. Italia O.D.V., Associazione per la lotta all’ictus cerebrale, Nicoletta Reale, ha aggiunto: “Nel nostro Paese oltre 900mila persone portano gli effetti invalidanti dell’ictus. La Giornata internazionale delle persone con disabilità, celebrata domenica 3 dicembre, e l’indagine promossa da Ipsen, sono utili per aumentare l’informazione su questa malattia e le sue conseguenze oltre che per sollecitare una più stretta comunicazione tra i medici, gli stessi pazienti e i parenti, sapendo che la tempestività dell’intervento e il giusto trattamento possono migliorare molto la qualità della vita di chi sopravvive all’ictus”.