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All’Istituto di Cura Città di Pavia è stata operata una paziente affetta da un’importante aneurisma che coinvolgeva tutto l’arco aortico a pochi centimetri dalla valvola. Un intervento innovativo e unico nel suo genere, reso possibile dalla sinergia tra I chirurghi vascolari e il radiologo interventista, che lavorano presso il Centro.  

A effettuare l’intervento, il dottor Giovanni Bonalumi, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Vascolare presso l’Istituto di Cura Città di Pavia, il dottor Giuseppe Mazzotta, anch’esso chirurgo vascolare e il dottor Andrea Azzaretti, radiologo interventista che ha dato il suo fondamentale e prezioso apporto per l’ideazione e realizzazione della tecnica innovativa.

La procedura nata dall’ingegno di questa squadra, è molto importante nel panorama scientifico perché semplifica l’inserimento della protesi nell’arco aortico. Il nuovo approccio ha infatti permesso con successo di rivascolarizzare il cervello non attraverso bypass, bensì grazie a forami praticati sull’endoprotesi all’esterno. Normalmente, il trattamento di questo tipo di aneurismi viene effettuato mediante un complesso intervento cardiochirurgico in circolazione extracorporea o mediante una procedura di fenestrazione endovascolare estremamente complicata. 

“L’intuizione è stata quella di sfruttare un accesso diverso, ovvero la via percutanea con ingresso dalle braccia. Con l’impiego di uno stent abbiamo seguito la strada fisiologica del vaso, la via naturale, così abbiamo avuto la certezza di aver forato la protesi vascolare con precisione, senza errore, come invece può avvenire con le procedure tradizionali, che impiegano protesi standard preforate, poiché non si ha una visibilità ottimale. Abbiamo quindi elaborato un escamotage tecnico che semplifica il trattamento di questa patologia e lo rende sensibilmente meno invasivo”, afferma il dottor Andrea Azzaretti. 

“Grazie a questo approccio mininvasivo è stato possibile trattare l’aneurisma di tutto l’arco dell’aortico senza sternotomia e senza l’arresto del sistema cardiocircolatorio. Si tratta di un punto di vista completamente nuovo e diverso – continua il dottor Giovanni Bonalumi -. Si semplifica una procedura di per sé complessa, che poteva essere eseguita solo in grossi centri, con specifiche e costose apparecchiature, esclusivamente in sale operatorie ibride. Si riducono i tempi di esecuzione, non è necessaria la riabilitazione e di conseguenza non è richiesta un’ospedalizzazione prolungata. Il paziente può riprendere la sua vita normalmente, senza il ricorso alla riabilitazione”.

“Raffinando la tecnica e migliorando il dispositivo, la procedura potrebbe essere estendibile ai centri che già praticano questo tipo di chirurgia, con significativi benefici per il paziente ma, in termini di impatto economico, anche per l’ospedale. Auspichiamo che in futuro si possano trattare, con questa tecnica, anche gli altri due vasi collegati dall’arco aortico e quindi di fatto limitando l’impiego di procedure più invasive a casi selezionati”, conclude il dottor Giuseppe Mazzotta.