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Il gotha scientifico dell’endometriosi si incontra a Roma, per il grande congresso internazionale denominato Gynitaly che vedrà i maggiori esperti del mondo della malattia che colpisce circa il 10% della popolazione femminile, confrontarsi su terapie, nuove ricerche, con interventi chirurgici in diretta e nuove tecnologie. Ad idearlo, il Prof. Mario Malzoni, Chair di Gynitaly e direttore del Centro Nazionale Endometriosi e MACC Avellino-Roma, il quale per l’occasione, ha organizzato un evento pubblico, in collaborazione con l’A.P.E. Associazione Progetto Endometriosi, dedicato alle pazienti, ai familiari, a tutti coloro che vogliono conoscere meglio l’endometriosi e dare il proprio contributo per sostenere le donne che ne soffrono. “Do you speak Endometriosis”? Questo il titolo della conferenza, che si terrà il 6 maggio 2023, dalle 15:00 alle 17:00, negli spazi dell’avveniristico Paideia International Hospital, con la partecipazione di ginecologi di competenza internazionale e qualificati esperti della malattia. Un appuntamento per sviscerare l’endometriosi a 360 gradi, non solo dal punto di vista medico, ma anche delle pazienti, in modo coinvolgente ed interattivo. Dunque, emergeranno tutte le novità, si parlerà di terapia medica, dell’aspetto psicologico della problematica, i risvolti sociali, familiari e lavorativi  dovuti alla sintomatologia dolora della malattia.

L’incontro, moderato dallo stesso Prof. Malzoni e da Annalisa Frassineti, presidente dell’A.P.E., vedrà la partecipazione dei dottori: Alessandra Di Giovanni, responsabile servizio di ecografia pelvica avanzataCentro Nazionale Endometriosi e MACC Avellino-Roma; Antonio Gargiuolo, associate professor of obstetrics, gynecology and reproductive biology della Harvard Medical School, Boston; Andrea Vidali,  medical director BRI Immunology, fondatore “Endometriosis Summit”, New York; Marta Giuliani, psicologa e psico-sessuologa specializzata in endometriosi; e la biologa nutrizionista Claudia Morganti. «Alcuni dei maggiori esperti di endometriosi del mondo potranno confrontarsi con le donne che vivono la patologia o che sono a conoscenza della problematica, ma anche con gli amici, i familiari, tutti coloro che anche indirettamente hanno a che fare con la malattia, cercheremo di far emergere le testimonianze », spiega il Prof. Mario Malzoni, il quale sottolinea i progressi raggiunti nella diagnostica, nelle terapie multidisciplinari, nella chirurgia, attuata solo se estremamente necessaria. Uno dei problemi principali dell’endometriosi è il ritardo o il mancato riconoscimento della stessa. «Per riconoscere l’endometriosi, è fondamentale che l’operatore sanitario, dal radiologo al ginecologo che fa l’ecografia, abbia la competenza giusta. Oggi riusciamo a fare diagnosi molto precise, anche con l’ausilio di apparecchiature di ultima generazione. Ad esempio, fino a qualche anno fa capire lo stadio della malattia era possibile solo con l’intervento chirurgico, oggi invece abbiamo dimostrato che in mani esperte, l’ecografia può far comprendere i dettagli, lo stadio e con estrema previsione dove questa è localizzata. Non è facile. Per questo è fondamentale fare corsi di formazione per migliorare la diagnostica, perché il punto chiave è la diagnosi: se la diagnosi è precoce e corretta, tutto il percorso terapeutico si svolge nel migliore dei modi». È cambiato l’atteggiamento, dunque, anche da parte dei chirurghi, i quali riescono ad evitare sempre più gli interventi, i quali sono migliorati: «oggi si può rimuovere chirurgicamente tutta la malattia. Questo non significa che non possa tornare, ma i risultati sono senza dubbio migliori», aggiunge il Prof. Malzoni.

Il consiglio per le donne che sospettano di avere l’endometriosi è di rivolgersi a centri specializzati con molta esperienza, con grosso volume e con un approccio multidisciplinare, che vedano la presenza non solo del ginecologo, ma anche dell’ecografista o radiologo dedicato, chirurgo, dell’urologo, dello psicologo, del terapista del dolore, del nutrizionista, dell’anestesista. 

L’A.P.E., costituita da pazienti che vivono in prima persona la malattia, ha un ruolo determinante nell’indirizzare le donne verso i centri più adeguati, ma anche nell’organizzare corsi di formazione per i medici. «È un lavoro di raccordo tra pazienti e operatori sanitari indispensabile», conclude il Prof. Mario Malzoni.