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L’elettromagnetismo, fenomeno che nell’Ottocento mise in crisi l’architettura della fisica classica, viene utilizzato da tempo anche in medicina. I risultati, sia sul versante diagnostico sia terapeutico, sono ottimi. Per ciò che concerne le lesioni cerebrali, la stimolazione magnetica ripetitiva può avere effetti benefici su varie menomazioni cognitive, motorie e neurosensoriali, come ad esempio i disturbi del linguaggio, l’eminegligenza spaziale unilaterale, i disturbi motori, il dolore neuropatico e i disordini di coscienza. Questa tecnica di neuromodulazione viene utilizzata a Montecatone per favorire il recupero di funzioni motorie o cognitive alterate dopo una lesione del sistema nervoso centrale.

«Applichiamo stimoli di varia intensità, ripetuti in treni di varia frequenza, costante o variabile» spiega Valentina Colombo. «I protocolli generici prevedono stimolazioni cinque volte a settimana per circa due settimane, ripetibili nel tempo. Va valutata, caso per caso, l’area di intervento». Secondo Colombo «le tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva sono un patrimonio importante nella neuroriabilitazione e vanno considerate come ulteriore strumento al servizio di un programma riabilitativo in cui sono contemplati interventi farmacologici, di stimolazione motoria e cognitiva, di terapia occupazionale e, all’abbisogna, piscologici».

Durante il trattamento il paziente può avvertire una minima contrazione della muscolatura controlaterale alla stimolazione. «L’apparecchiatura emette anche dei clicks, non particolarmente fastidiosi – precisa Colombo – e in alcuni casi potrebbe presentarsi della cefalea, seppur transitoria». Le proprietà dell’elettromagnetismo, inoltre, consentono di studiare in modo non invasivo e indolore la conduzione di impulsi elettrici dal cervello al midollo spinale e, da lì, attraverso i nervi, al muscolo. La tecnica utilizzata, di uso comune per la diagnosi di eventuali alterazioni della conduzione elettrica lungo le vie corticospinali, permette di ottenere segnali elettrici muscolari registrabili dalla cute stimolando i centri motori cerebrali o le vie motorie spinali.

Oltre che con rTMS è possibile influenzare l’attività cerebrale attraverso l’applicazione di correnti elettriche continue sul cranio a bassa intensità. Nella pratica, consiste nell’applicazione di una debole corrente elettrica, per un tempo limitato su un’area cerebrale target, definita sulla base della funzione che si vuole modulare. L’effetto della tDCS è meno localizzato e meno intenso di quello della rTMS. Tuttavia, essa si può applicare molto più facilmente e si presta a un utilizzo domiciliare. Il paziente non avverte alcuna sensazione: «Solo raramente – conclude Colombo – può percepire un minimo formicolio sotto l’elettrodo all’inizio della terapia e nei primi secondi successivi al termine della seduta».