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Un test genetico che permette di sapere se il vaccino antinfluenzale avrà o meno effetto sui pazienti affetti da HIV. È stato messo a punto dal gruppo di ricerca in infezioni congenite perinatali guidato dal dottor Paolo Palma dell’Ospedale Pediatrico
Bambino Gesù di Roma. Pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Immunology lo studio è stato presentato e premiato con
l’European Research MasterClass, al congresso annuale dell’European Society of Pediatric Infectious Diseases tenutosi a Madrid dal 23 al 27 maggio.
La ricerca ha coinvolto 40 pazienti affetti da HIV è ha permesso di individuare i marcatori genetici che predicono quale sarà la risposta dell’organismo alla vaccinazione antiinfluenzale. Questo approccio sperimentale rappresenta il primo passo verso un intervento vaccinale personalizzato per le categorie di pazienti a rischio come quelli immunocompromessi, che hanno cioè problemi di diversa natura legati a un’insufficiente difesa immunitaria.
Quando si parla di copertura vaccinale, i bambini con HIV hanno bisogno di maggiori attenzioni rispetto alla popolazione pediatrica sana. Ad oggi però non esistono linee guida dedicate al follow up vaccinale dei pazienti pediatrici immunocompromessi. Quindi, una volta vaccinati, questi bambini vengono ritenuti protetti. Il test rivela invece – tramite l’individuazione dei marcatori genetici specifici – l’efficacia o meno del vaccino prima che venga somministrato.
In questo modo i medici possono impostare meglio il percorso terapeutico: scegliendo un’altra formulazione vaccinale alternativa laddove disponibile o chiedendone una specifica.
“Il test predittivo dovrà adesso essere testato su coorti più grandi per validarne l’efficacia anche per quella parte di popolazione pediatrica malata di HIV che risponde alla vaccinazione, ma in maniera insufficiente – spiega il dottor Palma –
In prospettiva, questi test potranno essere allargati anche ad altre tipologie di pazienti immunocompromessi ed essere estesi alle diverse formulazioni vaccinali esistenti”.
Lo studio è stato possibile anche grazie all’utilizzo di una tecnica di analisi del sangue, messa a punto sempre dai ricercatori del Bambino Gesù, che consente di estrarre una grande quantità di informazioni dal sangue di un bambino anche in presenza di campioni estremamente ridotti. Si tratta di una grande conquista che risponde a uno dei problemi maggiori che riguardano gli studi da effettuare sui bambini: l’esigenza cioè di poter effettuare diversi test e analisi su campioni di sangue particolarmente ridotti rispetto alla popolazione adulta.

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