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Una ricerca dell’Università di Torino dimostra che l’ormone ipotalamico che controlla il rilascio dell’ormone della crescita, il growth hormone-releasing hormone, è in grado di migliorare la funzione cardiaca e di attenuare l’ipertrofia cardiaca patologica, ossia l’aumento della massa del cuore, conseguente a stimoli come l’ipertensione arteriosa, le malattie delle valvole cardiache, la cardiopatia ischemica, oltre a fattori neuroumorali e genetici.
A lungo termine, l’ipertrofia cardiaca patologica, a differenza di quella fisiologica che è un meccanismo di compensazione positiva riscontrabile ad esempio negli atleti, può determinare aritmie ventricolari, con aumento del rischio di morte improvvisa ed è alla base dello scompenso cardiaco.
La scoperta è stata fatta dal gruppo di ricerca universitaria coordinato della Prof.ssa Riccarda Granata, presso la Divisione di Endocrinologia e Metabolismo diretta dal Professor Ezio Ghigo, del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino.
Il lavoro, pubblicato sulla prestigiosa rivista americana Proceedings of the National Academy of Sciences, è il risultato di una collaborazione con altri ricercatori, tra i quali il gruppo del Dipartimento Cardiovascolare, IRCCS Humanitas University di Milano e del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma, il Professor Joshua M. Hare della Divisione di Cardiologia dell’Università di Miami ed il Professor Andrew V. Schally, della Miller School of Medicine di Miami, vincitore, nel 1977, del Premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina.
Gli effetti cardioprotettivi del GHRH erano stati descritti per la prima volta alcuni anni fa dal gruppo della Prof.ssa Riccarda Granata, che aveva dimostrato come il GHRH sia capace di promuovere la sopravvivenza delle cellule cardiache, di contrastare il danno da ischemia e riperfusione e di ridurre l’infarto del miocardio. Questi studi erano stati successivamente ampliati dagli scienziati di Miami, che avevano descritto gli effetti protettivi degli analoghi sintetici del GHRH nell’infarto del miocardio ed in altri modelli patologici. Il Professor Schally era stato insignito del premio Nobel per la scoperta di ormoni ipotalamici e ha sviluppato e continua a sviluppare una incredibile serie di molecole di potenziale interesse clinico.
Il lavoro attuale, coordinato dalla Prof.ssa Granata all’Università di Torino e condotto dai ricercatori Iacopo Gesmundo e Michele Miragoli dimostra, per la prima volta, come il GHRH e il suo analogo sintetico di ultima generazione, MR-409, sintetizzato nel laboratorio del professor Schally, siano capaci di attenuare l’ipertrofia e di migliorare la funzione cardiaca e la contrattilità delle cellule cardiache in corso di scompenso cardiaco, attraverso la regolazione di meccanismi molecolari caratteristici delle vie ipertrofiche.
L’importanza di questi risultati è data dal fatto che oggi le terapie per lo scompenso cardiaco, nonostante vengano impiegati diversi tipi di farmaci, sono ancora insoddisfacenti. Gli agonisti del GHRH, che sono risultati privi di effetti collaterali, sono pertanto nuovi promettenti candidati per il trattamento di questa patologia, da impiegare da soli o in combinazione con altre molecole. Saranno necessari nuovi studi per poter traslare queste ricerche alla clinica, oltre all’impiego di analoghi di ultima generazione, che risultino ancora più stabili ed efficaci dei precedenti.