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I linfonodi svolgono un ruolo chiave nel funzionamento delle nostre difese. È infatti in questi piccoli organi che vengono raccolti, tramite il sistema linfatico, gli scarti molecolari e proteici che possono segnalare la presenza di un’infezione o di un tumore ed è sempre nei linfonodi che si orchestra la risposta immunitaria adattiva, a base di anticorpi e cellule, in grado di riconoscere la minaccia e sconfiggerla. 

Nonostante la loro importanza, però, sappiamo ancora poco dell’origine cellularee dello sviluppo dei linfonodi, una conoscenza fondamentale per la messa a punto di approcci di medicina rigenerativa in grado di ricostituire o sostituire questi organi quando vengono rimossi o compromessi, come succede a seguito dei trattamenti oncologici.

Un nuovo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista “Immunity”, condotto dal gruppo di ricercatori di IRCCS Ospedale San Raffaele coordinato da Andrea Brendolan e la collaborazione di Elisa Lenti, svela per la prima volta i passaggi fondamentali di questo processo di sviluppo. La ricerca è stata possibile grazie al sostegno di Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro.

Il gruppo di Andrea Brendolan si occupa da oltre 15 anni di studiare i processi che guidano la formazione dei linfonodi durante lo sviluppo embrionale e di riprodurre questi processi in laboratorio, con l’obiettivo finale di ottenere dei veri e propri linfonodi artificiali.

Per riuscire in questa impresa ambiziosa occorre conoscere e comprendere il modo in cui le diverse cellule, che compongono i linfonodi: si originano e specializzano; si organizzano in tessuti e strutture tridimensionali.

“In biologia la forma e la struttura tridimensionale degli organi sono fondamentali per il loro funzionamento e allo stesso tempo incredibilmente complesse”, afferma Brendolan. 

Già nel 2019 aveva riprodotto dei linfonodi artificiali partendo da progenitori stromali di topo, coltivati in laboratorio su un supporto tridimensionale di collagene. “Per fortuna i progenitori stromali hanno una straordinaria capacità di auto-organizzazione: a volte basta ricreare per loro le condizioni presenti in fase embrionale o neonatale per avviare il programma di sviluppo di un organo o di un tessuto come il linfonodo. È quello che abbiamo fatto con successo 3 anni fa”. 

Utilizzando tecniche di imaging in vivo i ricercatori avevano infatti osservato come i nuovi linfonodi, una volta trapiantati nei topi,si erano collegati al sistema linfatico, acquisendo caratteristiche morfologiche e funzionali molto simili a quelle dei linfonodi. 

Risultati molto incoraggianti in vista di una futura applicazione clinica: le terapie oncologiche hanno infatti spesso come conseguenza l’asportazione o il danneggiamento dei linfonodi e possono dare origine al linfedema secondario, una malattia da accumulo di linfa nei tessuti dovuta all’interruzione del sistema linfatico. 

Il passaggio dall’animale all’uomo, però: richiede ulteriori studi di fattibilità; necessita una migliore comprensione delle dinamiche di differenziamento. 

Spiega Brendolan: “In un futuro contesto clinico, in cui abbiamo bisogno di riprodurre un linfonodo artificiale umano compatibile con chi dovrà riceverlo, non possiamo ricorrere all’utilizzo di cellule stromali progenitrici, come fatto nella sperimentazione sul topo. Ecco perché è fondamentale trovare un gruppo di cellule staminali da cui derivarecellule stromali più specializzate e specifiche, le cosiddette ‘cellule progenitrici’, che siano però ancora in grado di riprodurre per intero un linfonodo funzionante”.

È esattamente con questa missione che il gruppo di ricercatori del San Raffaele si è dedicato allo studio del processo di differenziamento dell’organo. Utilizzando tecniche cellulari e genomiche di frontiera, i ricercatori hanno ricostruito l’albero genealogico che connette la grande varietà cellulare strutturale del linfonodo maturo ai progenitori chiave, 2 in particolare: 1 per i tessuti stromali che compongono il linfonodo; 1 per i tessuti endoteliali. 

La scoperta di questi 2 progenitori cellulari apre la strada alla generazione di un organo linfoide artificiale umano a partire da cellule staminali riprogrammate, ovvero cellule che possono essere ottenute dal paziente stesso e quindi totalmente compatibili per il trapianto. 

“Il risultato ottenuto oggi è per noi un grande successo, perché ci permette di muoverci un passo più vicino allo sviluppo traslazionale della nostra ricerca. Un futuro in cui saremo in grado di: rigenerare la funzionalità dei linfonodi, laddove questi sono compromessi; testare in laboratorio, su un modello realistico di un linfonodo umano, il funzionamento di terapie immunologiche e l’efficacia di nuovi vaccini”.