Durante il sonno il corpo è caratterizzato da atonia, cioè la perdita del tono muscolare che nella fase di veglia è fondamentale per la contrazione riflessa e costante dei muscoli, ad esempio nel mantenimento della postura contro la forza di gravità. Nelle persone con disturbo comportamentale in sonno REM il tono muscolare rimane attivo anche mentre dormono e ciò fa sì che continuino ad avere un’intensa attività motoria collegata a ciò che sognano.

I pazienti con RBD sono ad alto rischio di sviluppare parkinsonismo o demenza nel tempo, inoltre, nella maggior parte di loro è stata rilevata la presenza di una forma anomala di alfa-sinucleina, una proteina la cui alterazione è collegata allo sviluppo di Parkinson o Demenza con Corpi di Lewy.

L’alfa-sinucleina “malata” si raggruppa e si deposita nei neuroni della corteccia cerebrale; per eliminare questi aggregati si stanno testando nuove terapie che sfruttano anticorpi specifici. “Attualmente però gli studi non hanno portato a risultati efficaci in termini di miglioramento delle condizioni cliniche di chi è colpito da Parkinson – spiega il prof. Dario Arnaldi, Neurologo e ricercatore del Centro del Sonno dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino e coordinatore del progetto –. Ciò potrebbe essere dovuto alle tempistiche dell’inizio del trattamento, quando la malattia è ormai conclamata: arrivare prima alla diagnosi permetterebbe di anticipare le cure e potrebbe aumentare le possibilità di preservare la struttura e la funzione cerebrale. Per questo motivo, le persone che ricevono una diagnosi di RBD sono i candidati ideali per testare nuovi farmaci neuroprotettivi. Con la collaborazione di 13 centri nel mondo, la ricerca ha coinvolto 405 persone con RBD, di cui 173 hanno sviluppato una alfa-sinucleinopatia conclamata (93 casi di Parkinson, 74 di Demenza con Corpi di Lewy e 5 di atrofia multisistemica), in media, dopo 3 anni e mezzo dalla diagnosi di RBD. Lo studio multicentrico ha applicato tecniche avanzate di intelligenza artificiale per dimostrare come, mediante l’uso di una SPECT cerebrale, un esame di neuroimaging simile a una PET, si riesca ad identificare i pazienti ad alto rischio di sviluppare i disturbi neurodegenerativi già 3-4 anni prima della comparsa dei sintomi”.

Il progetto, pubblicato sulla prestigiosa rivista “Annals of Neurology”, ha infatti addestrato l’Intelligenza Artificiale a rilevare dagli esami di imaging spie di alfa-sinucleinopatia in anticipo rispetto alla manifestazione sintomatica della malattia. I dati clinici non sono sufficienti da soli per anticipare la diagnosi, ma la combinazione di dati clinici e di imaging ha migliorato la sensibilità di previsione fino all’85%.

Infine, attraverso questo approccio è stato possibile incrementare fino all’86% anche la discriminazione tra i pazienti che avrebbero sviluppato Parkinson e chi invece Demenza con Corpi di Lewy.

“Lo studio ha rilevanti implicazioni cliniche, ma soprattutto di ricerca – conclude Arnaldi -. Infatti, sono ora in sviluppo dei promettenti farmaci neuroprotettivi e i risultati potranno aiutare nel selezionare i pazienti da arruolare nelle sperimentazioni cliniche di tali farmaci”.