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L’11 aprile ricorre la giornata mondiale del Parkinson. Per questo, la Società Internazionale del Parkinson e Disordini del Movimento punta ad aumentare attenzione e consapevolezza su questa patologia. Sebbene la malattia neurodegenerativa colpisca da 7 a 10 milioni di persone in tutto il mondo, ci sono tuttora pregiudizi e misconceptions  sulla malattia di Parkinson , caratterizzata da disordini di tipo neurologico. E’importante esserne consapevoli che uno degli elementi che caratterizzano il Parkinson sono i tremori. È importante ricordare però che ci sono molti sintomi non motori e che la patologia può avere un impatto devastante anche sul piano psicologico – Disturbi del sonno, depressione e decadimento cognitivo sono ugualmente riconducibili alla patologia. Grazie poi alla progressione sostanzialmente “lenta” della malattia e alla maggiore efficacia dei trattamenti farmacologici, molte persone affette da Parkinson possono continuare a lavorare adottando le adeguate misure e terapie.

Non c’è alcuna regola generale che stabilisca che i pazienti affetti da Parkinson non possono svolgere attività fisica ed essere attivi – E’ invece accertato che il movimento e lo sport sono fondamentali per mantenere la funzione motoria e, in genere, lo stato di benessere dei pazienti  – Lo studio del gennaio 2023: “Physical exercise for people with Parkinson’s disease: a systematic review and network meta-analysis. The Cochrane database of systematic reviews“ ha evidenziato che gli esercizi aerobici hanno portato ad un aumento della connettività funzionale e del controllo delle funzioni cognitive nelle are del cervello deputate alla programmazione, esecuzione e controllo dei movimenti, e hanno ridotto l’atrofia cerebrale globale.

A causa della natura progressiva della malattia, alcune persone affette da PD potrebbero dover rinunciare alla guida. Tuttavia, poiché la progressione della patologia è generalmente lenta, molte persone con Parkinson  possono continuare a guidare per molto tempo , con l’aiuto di attrezzature adattive, farmaci e controlli regolari.

Fermo restando che questa patologia viene tuttora considerata “incurabile”, ci sono una serie di terapie e trattamenti consolidati destinati a controllare e ridurre i sintomi e a migliorare complessivamente la qualità della vita. Fra queste, specifiche terapie farmacologiche, sport adeguati e, laddove opportuni, interventi chirurgici minimamente invasivi quali la neurostimolazione cerebrale profonda.

In termini clinici, la malattia di Parkinson fa parte di un gruppo di patologie definite “Disordini del Movimento”, è presente in tutto il mondo e colpisce tutti i gruppi etnici. La sua insorgenza va ricondotta alla progressiva morte dei neuroni situati nella “sostanza nera”, una piccola area del cervello che, attraverso la dopamina, controlla i movimenti del corpo. La perdita di oltre il 60% di queste cellule genera la patologia che si manifesta, di norma, con sintomi quali tremori involontari; rigidità muscolare che rende difficili o impossibili molti movimenti; bradicinesia, ovvero il rallentamento progressivo delle attività motorie; acinesia, cioè difficoltà ad iniziare un movimento; instabilità posturale e conseguente perdita dell’equilibrio; congelamento dell’andatura, anche noto come “freezing of gait”, situazione improvvisa e transitoria nella quale il paziente è incapace di iniziare o proseguire qualsiasi movimento.

Ai sintomi che riguardano l’area motoria se ne associano anche altri, non sempre identificati, quali postura curva, voce flebile, difficoltà di deglutizione, stipsi, disturbi urinari, pressione arteriosa.

La malattia di Parkinson è tuttora ritenuta incurabile e affrontata con un insieme di strumenti finalizzati a migliorare i sintomi: monitoraggio, trattamenti farmacologici, interventi chirurgici, supporti psico-sociali, esercizio fisico, dieta bilanciata possono aiutare a convivere con la malattia. Le terapie farmacologiche puntano sul mix di farmaci destinati a controllare o migliorare i sintomi anche per lunghi periodi. Il farmaco maggiormente prescritto è la levodopa, non sempre facilmente reperibile ma che può migliorare la sintomatologia parkinsoniana per un periodo oscillante fra 2 e 10 anni; a questo si possono aggiungere gli inibitori delle monoamino ossidasi B; gli anticolinergici per il controllo del tremore; l’amantadina impiegata nelle forme iniziali oppure, ancora, gli enzimi deputati a degradare la levodopa e che vengono impiegati per renderla più tollerabile.

È però sul fronte della “neurochirurgia funzionale che la scienza ha fatto i passi più significativi. Questo ramo della chirurgia si propone infatti di identificare un “bersaglio” nel cervello, un centro nervoso ritenuto responsabile dei sintomi, e di raggiungerlo mediante strumenti in grado di modificarne l’attività modulandone il funzionamento e ottenendo, così, un miglioramento complessivo dello stato clinico del paziente.

Fra gli interventi più innovativi va segnalata la Stimolazione Cerebrale Profonda, oggi la procedura chirurgica più avanzata per ridurre i sintomi legati ai disturbi del movimento. La DBS prevede l’introduzione nel cervello di un piccolissimo elettrodo, collegato a un generatore d’impulsi impiantato sottocute. Gli impulsi elettrici arrivano a stimolare la specifica area del cervello e favoriscono una migliore trasmissione dei segnali dal cervello all’intero organismo, riducendo buona parte dei sintomi.

La malattia di Parkinson, che in Italia registra oggi 250.000 pazienti, ha impatti pesantissimi sulla vita delle persone e deve essere affrontata e curata nel modo migliore.