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Si è tenuto giovedì 5 ottobre, nella prestigiosa cornice di Palazzo Mezzanotte, l’evento annuale organizzato da Consorzio Dafne che si pone l’obiettivo di guardare al futuro dell’ecosistema della Salute, con l’ambizione di poter contribuire a guidarne la trasformazione. Un format dinamico e dal ritmo serrato che ha visto succedersi sul palco gli interventi di cinque speaker d’eccezione introdotti e presentati da Daniele Marazzi, Consigliere Delegato del Consorzio Dafne: Alberto Mattiello – Business Futurist; Nino Cartabellotta – Presidente Fondazione GIMBE; Alberto Redaelli – Coordinatore Sezione Bioingegneria DEIB Politecnico di Milano; Giusella Finocchiaro – Avvocato, Professoressa Ordinaria Diritto privato Università di Bologna; Erika Mallarini – Associate Professor Government, Health and Not for Profit Department SDA Bocconi.

I relatori hanno condiviso con il pubblico stimolanti visioni, prospettive e riflessioni per comprendere gli scenari evolutivi che si stanno profilando all’orizzonte della filiera Healthcare e cercare insieme gli approcci più coerenti per riuscire a governare il cambiamento. 

A partire dal business futurist Alberto Mattiello, imprenditore, autore e keynote speaker, il cui intervento – Tutto. Dappertutto. Tutto Assieme. Ora. – è stato un racconto per aiutare il pubblico a capire come la tecnologia possa riscrivere le regole della competizione anche nell’Healthcare, mettendo in luce le opportunità date dalle nuove tecnologie: «Mai come in questo periodo abbiamo nelle nostre mani gli strumenti tecnologici per creare il nostro prossimo futuro: un nuovo livello di co-creazione che fonde umano e artificiale. Come è avvenuto nel 2008, quando a un momento di grande crisi è seguita una crescita che ha portato alla nascita degli smartphone, ai social network, alle app. Oggi ci troviamo ancora con la possibilità che grandi innovazioni tecnologiche possano farci fare un grande passo avanti: pensiamo alla Generative AI, che ci permette di dialogare meglio con dati e contenuti. Il vero focus resta la gestione della psicologia umana: è questa la sfida principale posta dal processo evolutivo, non esclusivamente legato all’innovazione tecnologica. Inoltre, sempre più il vantaggio competitivo non risiede nell’accesso all’innovazione, ma nelle competenze e nella velocità con cui questa viene implementata nelle aziende. Il modo migliore per sfruttare a pieno i nuovi processi di co-creazione è sviluppare un “safe place”, un ambiente protetto in cui sperimentare, familiarizzare con le innovazioni e provocare cambiamenti profondi. Un po’ come avvenuto nell’arte dell’inizio del ‘900: con l’introduzione della fotografia si sono affermate nuove correnti artistiche che prescindevano dalla rappresentazione della realtà. Dobbiamo quindi chiederci chi saranno i “nuovi impressionisti”?»

Nino Cartabellotta, medico specialista in Gastroenterologia e in Medicina Interna, e presidente della Fondazione GIMBE, ha aiutato a comprendere quale sarà il futuro per il Servizio Sanitario Nazionale e a immaginare insieme come contribuire a renderlo sempre più efficace: «Purtroppo, la Sanità pubblica vive un momento di grandi criticità tra liste d’attesa lunghissime, aumento della spesa privata ed enormi disuguaglianze. Oggi la grave crisi di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale non garantisce più alla popolazione equità di accesso alle prestazioni sanitarie, con pesanti conseguenze sulla salute delle persone e sull’aumento della spesa privata. Lo stato di salute della popolazione condiziona tutto: chi è malato non studia e non lavora, e sottrae denaro pubblico allo sviluppo economico del Paese. Il PNRR indubbiamente rappresenta una straordinaria opportunità per rilanciare il SSN, ma solo se inserito in un disegno complessivo di rafforzamento della sanità pubblica. La “terapia” c’è, ci sono le soluzioni per uscirne, ma occorre fare scelte politiche accurate. Dobbiamo decidere la direzione da intraprendere, poi possiamo stabilire quante risorse servono per rilanciare il servizio sanitario pubblico.» 

Alberto Redaelli, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano e coordinatore della Sezione di Bioingegneria dal 2020, ha approfondito l’influenza della tecnologia e dei progetti innovativi nel mondo delle life science. «I settori Healthcare e Medical Technology insieme generano il maggior numero dei brevetti in Europa, che a sua volta produce il 40% dei brevetti nel mondo: la tecnologia, dunque, cambia anche la sanità. Quello che serve, ma che è difficile quando si hanno poche risorse, è fare dei progetti pilota importanti, che permettano di fare massa critica su determinati temi e, quindi, di avere un effettivo impatto e generare un circolo virtuoso. Per farlo, è fondamentale lavorare in maniera sinergica, tra più attori: in ambito healthcare è essenziale la creazione di un ecosistema che comprenda partner in grado di contribuire, ciascuno per la sua parte, alla riuscita di progettualità tipicamente multidisciplinari. La mancanza di risorse rischia di farci perdere coraggio e velocità. Oltretutto, troppo spesso non riusciamo a focalizzare le risorse disponibili su temi strategici. Sarà il campanilismo, sarà la frammentazione – anche territoriale – però, dal mio punto di vista è forse questo oggi in Italia l’ostacolo più grande.»

L’intervento dell’avvocato Giusella Finocchiaro è stato l’occasione per affrontare le implicazioni giuridiche di temi estremamente attuali, come il trattamento di dati personali per fini di ricerca, e per scoprire possibili soluzioni innovative per un efficace riutilizzo dei dati sanitari compliant con il quadro normativo.

“Oggi viviamo in un mondo digitale. Alla base di questo mondo digitale l’unità più elementare sono i dati, personali e non personali. Questi dati devono essere utilizzati per tanti scopi diversi: per comunicare, per la ricerca scientifica, naturalmente, anche per lo scambio e per il commercio. Il tema del trattamento dei dati è, dunque, una questione delicata ma di estrema importanza, più che mai attuale in un momento storico in cui, post Pandemia, la disponibilità e la circolazione dei dati sanitari sono quotidianamente protagoniste. L’Italia è oggi in situazione di svantaggio perché la valorizzazione dei dati è ancora vista con diffidenza. In molti progetti di ricerca non si sceglie l’Italia perché ci sono problematiche legate all’applicazione della normativa nazionale sui dati personali, troppo focalizzata sulla protezione e che si è un po’ dimenticata della circolazione, pur prevista nel quadro normativo europeo. In nostro soccorso ci sono soluzioni come il data altruism (“altruismo dei dati”), che consiste nel consenso per l’uso dei dati personali per finalità di interesse generale: particolarmente interessante se pensiamo, per esempio, alla ricerca scientifica che dovrebbe poter utilizzare, con le opportune misure di sicurezza, grandi quantità di dati così da essere realmente data-driven.”

Erika Mallarini, Associate Professor presso Government, Health and Not for Profit Department di SDA Bocconi dove gestisce progetti di ricerca e formazione con importanti aziende del settore della salute, ha presentato le sfide della sostenibilità nella filiera del farmaco.

«Prima di tutto dobbiamo capire che cosa intendiamo per sostenibilità, per poter assegnare priorità di investimento, oltre che strategiche. Sicuramente c’è l’aspetto ambientale: il nostro settore è uno dei più energivori, che vive quindi un impatto molto forte sul piano delle politiche ambientali. L’altro aspetto è quello sociale e la filiera healthcare, ovviamente, ha un ruolo fondamentale per poter garantire alle persone l’accesso alle cure. Infine, c’è la parte di governance: quello che l’azienda fa, al suo interno, per lo sviluppo e il benessere dei propri dipendenti. Anche questa è una componente estremamente importante, se pensiamo al tipo di aziende che lavorano lungo la filiera, alle professionalità che hanno al loro interno, all’entità degli investimenti in ricerca e sviluppo: il settore Pharma & Life Sciences è, di fatto, tra quelli che rendono il nostro Paese competitivo. Su tutte queste tre dimensioni il contributo delle aziende healthcare è fondamentale, ma c’è anche un’altra sostenibilità: quella economica. Oggi tutti i sistemi sanitari – non è solamente un problema italiano – stanno affrontando un momento di grande crisi, di profonda ridefinizione. Se la filiera healthcare non è sostenibile economicamente, e non è sostenuta, come può contribuire alla sostenibilità complessiva del sistema salute del Paese? Se può essere semplice mapparne le cause, molto meno facile è trovare delle soluzioni, che di certo non possono essere concretizzate dai singoli soggetti, ma nemmeno demandate esclusivamente alla politica.»

Ha concluso l’incontro Daniele Marazzi, Consigliere Delegato del Consorzio Dafne: «Con il nostro evento annuale abbiamo voluto guardare avanti, con l’ambizione di contribuire a guidare il cambiamento nella filiera healthcare e la consapevolezza che sarebbe presuntuoso pensare di farlo da soli. L’agenda della giornata aveva l’obiettivo di aiutarci a comprendere il contesto in cui ci troviamo per cercare di delineare insieme le prospettive di evoluzione. I diversi relatori che si sono succeduti sul palco – e che ci tengo davvero a ringraziare, personalmente e a nome di tutta la nostra #TheHealthcareCommunity – hanno portato le rispettive visioni, eterogenee e complementari, con un elemento comune: la necessità di lavorare insieme, di condividere, di fare sistema per poter contribuire concretamente a costruire il futuro migliore possibile per l’ecosistema della Salute. Co-creare è dunque più di un auspicio, direi quasi un’esortazione: solo dal confronto, dalla sperimentazione, dalla co-opetition (collaborazione tra competitor) si possono trovare risposte nuove laddove è ormai assodato non sono più efficaci – né torneranno a esserlo – quelle in cui ci eravamo abituati a confidare. E tutti siamo chiamati a dare il nostro contributo, a essere co-partecipi del cambiamento in atto. Siamo convinti che sia ormai imprescindibile – per tutti gli attori della filiera e a maggior ragione per quelli della nostra #TheHealthcareCommunity – un’assunzione di responsabilità: non è più il tempo di demandare ad altri, bensì quello di sentirsi protagonisti in prima persona del processo di costruzione collettiva dell’ecosistema Salute con cui tutti ci dovremo confrontare nel prossimo futuro.»