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Trent’anni di Takeda in gastroenterologia

Il presente delle terapie e il futuro delle nuove soluzioni di assistenza e di cura di Takeda in area GI e immunologia: sono questi i temi centrali di ImaGIne the Future, making the difference in gastrointestinal diseases, che si svolge oggi e domani a Milano presso il Superstudio Più di via Tortona.
L’occasione vede riuniti clinici, associazioni pazienti e società scientifiche con l’obiettivo di condividere i
risultati ottenuti dall’Azienda in trent’anni di ricerca nell’area gastrointestinale. Sono stati affrontati argomenti sui più recenti cambiamenti e le nuove soluzioni terapeutiche che interesseranno l’area GI e Immunologia nel prossimo futuro. Il contributo dei maggiori esperti e dei rappresentati delle Associazioni Pazienti ha permesso d’indagare la condizione e le sfide di trattamento delle persone affette da malattie infiammatorie croniche intestinali, sindrome dell’intestino corto, reflusso gastro-esofageo e stipsi cronica.
In questo ambito l’offerta di Takeda è focalizzata su prodotti specialistici per un’ampia gamma di patologie gastroenterologiche e sulla ricerca di soluzioni che possano migliorare sempre più la qualità di vita dei pazienti.
Takeda prosegue infatti il suo lavoro per far progredire la ricerca scientifica e la medicina, per una migliore qualità di vita. Lo sforzo, l’impegno e la capacità di riprogettare la propria Ricerca & Sviluppo sulla base delle priorità di salute dei pazienti ha portato l’Azienda a prevedere il lancio di 17 nuove terapie entro il 2025 e di 8 nuove terapie in ambito GI nei prossimi 7-10 anni, di cui 2 in IBD, 3 nell’area della celiachia, 2 nella motilità intestinale ed una per il fegato.
A febbraio è stato inoltre annunciato il completamento dell’accordo con Nimbus Lakshmi, Inc. per la
commercializzazione della molecola TAK-279, che ha il potenziale di dimostrare efficacia, sicurezza e
maneggevolezza nel trattamento sia della psoriasi sia di varie altre patologie immunomediate – malattia
infiammatoria intestinale, artrite psoriasica e lupus sistemico eritematoso.
“Continuiamo ad investire nell’area della gastroenterologia con convinzione, e a fare squadra con le
istituzioni, il mondo scientifico e le associazioni dei pazienti, affinché le terapie farmacologiche possano essere sempre più efficaci ed efficienti, specialmente quando combinate ad altri asset fondamentali: digitalizzazione – formazione – informazione. Digitalizzazione, quale strumento importante per rafforzare la sanità territoriale, accompagnata da investimenti nelle infrastrutture sanitarie locali per garantire un’assistenza tempestiva ed efficace ai cittadini – commenta Annarita Egidi, General Manager di Takeda Italia – “Formazione dello staff sanitario e soprattutto degli infermieri, figure essenziali nella gestione delle MICI, come la malattia di Crohn e la colite ulcerosa. La loro esperienza e supporto sono fondamentali per garantire la cura e il benessere dei pazienti. Grazie al loro ruolo di coordinamento tra i pazienti e i medici, gli infermieri possono offrire ai pazienti un sostegno completo e personalizzato, aiutandoli ad affrontare i sintomi, le terapie e le complicanze della malattia. Infine, informazione: pazienti e caregiver devono essere informati sui sintomi, sulle cause, sulle terapie disponibili e sulla gestione quotidiana, per comprendere la loro patologia e a prendere decisioni informate sul trattamento”.
Maurizio Vecchi, Professore ordinario e Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Digerente – Università degli Studi di Milano, ha sottolineato: “Da 20 anni Takeda si conferma, per noi specialisti dedicati alle patologie gastrointestinali, un partner fondamentale, e per i pazienti, una delle aziende che fornisce le più ampie risposte alle loro esigenze di salute. Si tratta di un’azienda che è cresciuta sia nelle patologie trattate, muovendo i primi passi dagli inibitori di pompa protonica fino al campo delle malattie infiammatorie croniche intestinali, arrivando a fornire soluzioni per patologie rare come la sindrome dell’intestino corto, sia nell’innovazione delle proposte terapeutiche, con i farmaci biologici, o con il trattamento a base di cellule staminali per le fistole perianali complesse nei pazienti con malattia di Crohn“.
La capacità di ascolto di tutti gli interlocutori è uno dei pilastri su cui si basa la visione di Takeda, essenziale per poter mettere a disposizione di pazienti, medici e del sistema Paese tutto il valore e l’esperienza di cui dispone, sia in termini di trattamenti innovativi che di soluzioni “beyond the pill”. I rappresentanti delle principali associazioni attive nell’area, AMICI ITALIA, Un Filo per la vita e A.N.N.A., hanno testimoniato come sia cambiata in meglio la qualità di vita dei pazienti negli ultimi anni, grazie alle nuove formulazioni terapeutiche, ai servizi assistenziali e ad una generale maggiore sensibilità. Tuttavia, la strada da percorrere è ancora lunga.
Salvatore Leone, Direttore Generale Associazione AMICI ITALIA, dichiara: “Da circa 10 anni ad oggi,
la qualità di vita dei pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche dell’intestino (IBD) è migliorata
notevolmente grazie ai progressi nella diagnosi, nella terapia e nella gestione delle complicanze. Le opzioni di trattamento sono diventate più efficaci e personalizzate, riducendo la frequenza e la gravità dei sintomi e migliorando la funzionalità intestinale. Inoltre, sono stati sviluppati programmi di supporto psicologico e socio-assistenziale per aiutare i pazienti ad affrontare gli effetti psicologici e sociali dell’IBD, come la depressione, l’ansia e l’isolamento sociale. Infine, la sensibilizzazione e l’educazione sulle malattie
infiammatorie croniche dell’intestino sono aumentate, portando ad una maggiore comprensione dell’IBD e alla riduzione dello stigma associato alla malattia. Ciò ha permesso ai pazienti di avere una maggiore qualità di vita e di essere trattati con maggior rispetto e comprensione”.
Aggiunge Alessandra Rivella, Direttore Generale Associazione A.N.N.A.: “A.N.N.A è l’unica associazione che affianca i pazienti in tutte le problematiche di nutrizione artificiale nelle varie patologie. È difficile ancora fare un bilancio generale di come si sia evoluta la condizione di questi pazienti negli ultimi anni: per alcune patologie sono stati fatti enormi passi avanti sia dal punto di vista assistenziale che terapeutico, altre sono ancora nell’oblio. Un decennio fa, i pazienti in nutrizione artificiale erano invisibili o fonte di imbarazzo e di stigma nell’opinione pubblica e la nutrizione artificiale era nell’immaginario comune, ma anche nella cultura clinica, spesso vissuto solo come terapia di fine vita.
Quello che è cambiato è che finalmente esiste una maggiore sensibilità e un più puntuale riconoscimento del tema, oltre a centri di riferimento affidabili, necessari per arrivare in tempi rapidi ad una più giusta terapia.
Questo ha decisamente migliorato la qualità di vita di chi deve ricorrere alla nutrizione artificiale. Ciò che
deve essere ancora implementato è la presenza di centri di nutrizione sia territoriale che ospedaliera, che,
sebbene il grande lavoro svolto da molte regioni, resta ancora a macchia di leopardo. Sarebbe inoltre molto importante l’inserimento nei LEA e una legge che disciplini il servizio”.
“Le persone affette da insufficienza intestinale cronica benigna e da sindrome dell’intestino corto hanno visto sicuramente migliorata la propria condizione di vita, grazie agli enormi passi avanti realizzati sul piano della terapia e della pratica clinica, all’aumento dei centri di riferimento per la cura di questa condizione, alla introduzione di prodotti e dispositivi farmaceutici maggiormente tollerati dai pazienti, o ai supporti per la Nutrizione parentale domiciliare utili a poter emanciparsi dall’ambiente domestico”,
commenta Margherita Gregori, Segretario Nazionale Associazione Un filo per la vita “D’altronde, l’attuale assenza di codifica della IICB dal SSN e il mancato riconoscimento della patologia nell’elenco delle
malattie rare rende ancora più stridente il contrasto con una realtà come ad esempio la Regione Piemonte nella quale lo status di malattia rara per la IICB è stato raggiunto da ormai molti anni, rendendo concreto, per i soggetti affetti, un percorso diagnostico-terapeutico sicuro, accessibile e appropriato, rispetto a tutte le altre”.
Takeda ha da sempre apportato innovazione nell’area della gastroenterologia, fin dal 1991 quando
introducendo in 90 Paesi il primo inibitore di pompa protonica, inaugurò una nuova generazione di farmaci per il trattamento di ulcera peptica e reflusso gastroesofageo. L’impegno dell’Azienda in quest’area ha poi permesso di raggiungere nuovi importanti traguardi e di mettere a disposizione farmaci biotecnologici innovativi per le MICI. Proprio nel 2023 ricorre il decennale del termine degli Studi registrativi che hanno decretato lo sviluppo clinico del rivoluzionario vedolizumab, il primo farmaco biotecnologico “gut-selective” per le malattie infiammatorie croniche intestinali.
E non solo nell’ambito delle MICI: Takeda negli ultimi anni ha fornito nuove soluzioni terapeutiche per i
pazienti anche nell’area delle malattie rare. Ne è un esempio l’impegno per la sindrome dell’intestino corto, una condizione dovuta a un difetto congenito o alla rimozione chirurgica di parte dell’intestino, che colpisce oggi circa ottocento pazienti in Italia di cui circa il 20% pediatrici. Inoltre, consapevole della necessità di un impegno a 360 gradi, Takeda sostiene il percorso legislativo per ottenere il riconoscimento della SBS come malattia rara, l’aggiornamento dei LEA e la garanzia di un percorso di cura uniforme su tutto il territorio nazionale. E rimane sempre alta l’attenzione a rispondere a bisogni ancora non soddisfatti, come il trattamento delle fistole perianali complesse nei pazienti con malattia di Crohn, su cui Takeda continua ad impegnarsi per consentire l’accesso anche ai pazienti in Italia.

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