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La “fotografia” del diabete in Italia scattata dagli Annali AMD

Migliorano le performance delle cure diabetologiche in Italia: aumentano i pazienti con emoglobina glicata a target e cresce l’impiego dei farmaci più appropriati ed efficaci nel contrastare le principali complicanze della malattia diabetica; al contempo, persistono alcune storiche “spine nel fianco” della diabetologia: diagnosi spesso tardiva del piede diabetico, diffusi risultati sub-ottimali nel controllo del peso e la persistenza di alcuni stili di vita incompatibili con una gestione consapevole della malattia, primo fra tutti il vizio del fumo. Questo quadro è stato delineato dall’Associazione Medici Diabetologi che, presso l’Auditorium “Cosimo Piccinno” del Ministero della Salute, ha presentato l’ultima edizione degli Annali, indagine che da quasi 20 anni monitora l’andamento e la qualità dell’assistenza erogata a oltre 600mila pazienti italiani, rappresentando uno dei database più importanti al mondo.

“Grazie al coinvolgimento di quasi 300 centri diabetologici distribuiti su tutto il territorio nazionale, il nostro file dati rappresenta buona parte delle diabetologie italiane”, illustra Giuseppina Russo, Coordinatrice Nazionale Annali AMD. “Il database registra l’assistenza erogata a oltre 42.000 persone con diabete tipo 1, più di 573.000 persone con diabete tipo 2 e 13.542 donne con diabete in gravidanza, arrivando a coprire, in alcune Regioni, il 50% dei cittadini con diabete. Di anno in anno osserviamo un continuo miglioramento nel monitoraggio della malattia e dei fattori di rischio cardiovascolare, nel raggiungimento dei corretti valori di emoglobina glicata e nell’impiego appropriato dei farmaci. Ci sono fronti su cui possiamo fare di più, come l’esame del piede diabetico, una delle complicanze più temute e invalidanti del diabete, eseguito in meno del 20% dei casi, la gestione del peso e quello degli stili di vita, con molti pazienti ancora fumatori. Ma ci conforta il trend positivo che va nella giusta direzione”.

Le persone con DM1 visitate lo scorso anno nei centri aderenti al circuito Annali hanno in media 48 anni e circa la metà ha una storia di patologia ultraventennale. A quasi il 60% dei pazienti sono stati misurati tutti i parametri del controllo metabolico contro il 55% del 2022; circa il 40% raggiunge l’obiettivo di cura per  i valori dei lipidi e della pressione arteriosa, un terzo quello della glicata, con risultati migliori per chi usa il microinfusore rispetto alla terapia multi-iniettiva; il 44% assume ipolipemizzanti e poco meno del 30% è trattato con anti-ipertensivi. Il 22,8% del campione risulta affetto da retinopatia diabetica, ma le forme severe sono poco frequenti. Il 65% dei pazienti presenta uno score Q >25, ovvero livelli adeguati di cura, con benefici diretti sulla salute complessiva e sulla riduzione del rischio cardiovascolare.

Delle 573.164 persone con diabete tipo 2 monitorate all’interno degli Annali nel 2023, oltre il 58% è costituito da uomini, sempre più anziani. La percentuale di chi ha ricevuto almeno una valutazione annuale dei quattro dei parametri chiave per la cura del diabete è stabile intorno al 50%. Circa il 40% raggiunge il target per i lipidi e il 25% per la pressione arteriosa, oltre il 56% mantiene l’emoglobina glicata sotto controllo. Una crescita che potrebbe spiegarsi con il maggior impiego dei nuovi farmaci, utilizzati da oltre il 67% dei pazienti rispetto al 56% del 2022. Oltre la metformina, prescritta al 72% del campione, gli anti-iperglicemizzanti più utilizzati sono gli SGLT2i, l’insulina e i GLP1-RA, passati dal 27 al 31,7%, che potrebbero aver contribuito a ridurre i soggetti con obesità, scesi dal 37 al 35%. Due terzi dei pazienti assumono ipolipemizzanti e farmaci antiipertensivi. Una diagnosi di retinopatia diabetica è stata registrata nel 12,9% dei casi e una complicanza cardiovascolare maggiore nel 14,8%. Ma anche tra le persone con DM2, oltre il 64% presenta uno score Q >25, quindi livelli adeguati di cura complessiva.

L’età media delle donne con GDM è circa 33 anni. I principali fattori di rischio per questo tipo di diabete sono risultati l’età superiore a 35 anni, seguita dall’obesità pregravidica e dalla familiarità per diabete pari al 12%. La diagnosi di GDM è stata fatta in media fra la venticinquesima e la ventiseiesima settimana, in accordo con le linee guida, ma il 14,4% ha eseguito l’esame per la curva glicemica solo dopo la ventottesima settimana, ricevendo quindi una diagnosi tardiva, con il rischio di sviluppare problemi di salute nel feto e nella donna. Per il 62% delle pazienti sono bastate modifiche dello stile di vita e della dieta, mentre il 37,6% ha dovuto assumere insulina, mediamente a partire dalla ventottesima settimana di gestazione.

“Grazie a una raccolta dati sempre più precisa e accurata, e dando a ogni centro la possibilità di auto-valutarsi e quindi di migliorarsi, gli Annali hanno permesso il lento ma progressivo innalzamento della qualità di cura, ma soprattutto della qualità di vita delle persone con diabete nel nostro Paese consentendo, al contempo, un’ottimizzazione delle risorse per il nostro sistema sanitario nazionale”, sottolinea Riccardo Candido, Presidente AMD. “Nulla può essere migliorato se non viene misurato: questo è stato il nostro punto di partenza quando abbiamo dato vita agli Annali quasi venti anni fa e continuerà ad essere il nostro approccio nell’affrontare le sfide del prossimo futuro”.

“Con tredici edizioni, ventotto monografie, cinquanta articoli pubblicati su riviste scientifiche internazionali e oltre 1 milione di dati raccolti dal 2006 a oggi, gli Annali costituiscono un patrimonio di informazioni il cui valore oltrepassa anche i confini nazionali”, dichiara Graziano Di Cianni, Presidente di Fondazione AMD. “Abbiamo, infatti, avviato una partnership con la World Health Organization – Europe e l’International Diabetes Federation – Europe, allo scopo di esportare gli Annali in altri Paesi europei, attualmente sprovvisti di sistemi per il monitoraggio dell’assistenza diabetologica. Ci auguriamo che la nostra lunga esperienza nella raccolta del dato possa rappresentare un utile modello di riferimento anche all’estero”.

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