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Sebbene la pandemia di COVID-19 sia ancora pesantemente presente nella maggior parte dei paesi del mondo, e le necessarie misure di contenimento siano attuate a livello globale, ferve il dibattito sulla possibilità che queste misure possano essere parzialmente allentate, e in caso di risposta affermativa, come e quando.

Anche in Italia la necessità di riavviare le attività socioeconomiche parzialmente bloccate per controllare la diffusione di COVID-19 si fa sempre più pressante. Perché ciò sia possibile, la riapertura deve essere affiancata da efficaci metodiche di monitoraggio e controllo che permettano di allentare selettivamente le misure di contenimento senza comportare un accrescimento del rischio epidemico.

È su questi presupposti che in questi mesi, il gruppo di ricercatori che a fine aprile aveva pubblicato un importante studio sulla prestigiosa rivista “PNAS”, ha approfondito e aggiornato la sua analisi, giungendo alle conclusioni pubblicate recentemente su Nature Communications. Il team è composto dai proff. Lorenzo Mari, Stefano Miccoli, Renato Casagrandi e Marino Gatto del Politecnico di Milano; Enrico Bertuzzo e Damiano Pasetto dell’Università Ca’ Foscari di Venezia; Andrea Rinaldo dell’Università di Padova e dell’EPFL di Losanna.

Il modello spazialmente esplicito utilizzato include sia il ruolo delle infezioni asintomatiche che la mobilità ed è in grado di stimare lo sviluppo atteso dell’epidemia sotto diversi scenari di misure di contenimento. Inoltre, essendo stato sviluppato sui dati fino a metà giugno, il modello permette di valutare le deviazioni dalla situazione epidemiologica di quel mese nel caso la ripresa di molte attività dovesse comportare un riacuirsi della trasmissione della malattia. Viene inoltre stimato lo sforzo di individuazione e isolamento dei contagiati richiesto per prevenire la ricomparsa dell’epidemia.

“Considerando che i dati dell’ultimo mese confermano un aumento dei focolai e della trasmissione del virus noi valutiamo che un aumento ad esempio del 40% del tasso di trasmissione può essere controbilanciato da uno sforzo di controllo capace di isolare giornalmente circa il 5,5% degli individui esposti e altamente infettivi mantenendo così la curva epidemica sulla traiettoria di benchmark”, spiega Marino Gatto, professore di ecologia del Politecnico. “Lo studio ha anche permesso di stimare la quota di asintomatici infettivi e il numero totale di contagiati nelle diverse regioni, cifre confermate dai dati di sieroprevalenza del coronavirus nelle statistiche ISTAT”.

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