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L’importanza della cineterapia nella gestione del burden è al centro della studio “Il cinema come tecnica riabilitativa: intervento sui caregiver e i pazienti con deterioramento cognitivo” promosso da Medicinema Italia Onlus con il Centro di Neuropsicologia Cognitiva, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda.
“L’assistenza di un famigliare con disabilità richiede energie e tempo, e crea spesso isolamento sociale e stress e può diventare burden, una vera e propria condizione patologica – dichiara la Prof.ssa Gabriella Bottini (nella foto), Cognitive del Neuroscience and Society LabDepartment of Brain and Behavioral Sciences dell’Università degli Studi di Pavia e Responsabile del Centro di Neuropsicologia Cognitiva ASST del “Grande Ospedale Metropolitano” Niguarda di Milano”-. Per caregiver burden si intende il carico sulla persona che assiste in risposta ai cambiamenti di tipo cognitivo e comportamentale del proprio famigliare malato. Può colpire la sfera della socialità, quella economica, quella della fatica fisica e/o quella emotivo-psicologica, fino ad arrivare a esperire una condizione di “lutto anticipato” causato dalla perdita della relazione con il paziente”.
Solitamente i caregiver sono famigliari di pazienti con un’età media di 59,2 anni, il 70 %, sono donne, solitamente le figlie. Recentemente si è visto un aumento tra i caregiver nei partner dei pazienti specialmente quando il malato è un uomo. Si stima che in Italia ci siano circa 3 milioni di caregiver coinvolti direttamente o indirettamente nell’assistenza.
La cineterapia è stata applicata alla realtà dei caregiver e prevede che il terapeuta individui uno o più film da mostrare al paziente e ne provochi la discussione, al fine di promuovere la riflessione sulle proprie problematiche. Lo studio, mosso dall’esperienza di MediCinema Italia, unica realtà nazionale che utilizza il contenuto filmico a scopo terapeutico, e con il sostegno di Fondazione Don C. Gnocchi, ha visto la partecipazione del Centro di Neuropsicologia Cognitiva, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda e del Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università degli Studi di Pavia; lo scopo, quello di indagare i benefici cognitivi, emotivi e relazionali che un trattamento basato sull’esposizione a cortometraggi a valenza emotiva può portare in pazienti affetti da patologie neurodegenerative e ai loro caregiver.
A cadenza regolare sono quindi stati proposti dei film ai caregiver di pazienti con diverse disabilità per ridurre il loro burden. Con la collaborazione della Fondazione Cineteca Italiana Milano è stata definita una produzione filmica per l’intervento curativo ispirato alla cineterapia; sono stati creati 50 cortometraggi di durata equiparabile di circa 10 minuti ciascuno, composto da diverse parti di film, documentari, pubblicità recuperati dall’archivio della Cineteca Italiana. A priori, sono stati selezionati parti di video che potessero far ricadere i cortometraggi in due categorie: cortometraggi positivamente EMOTIVI e cortometraggi NEUTRI. Per garantire che la suddivisione effettuata fosse statisticamente valida è stato chiesto a 50 soggetti sani, selezionati in maniera casuale da un campione di popolazione, di valutare soggettivamente la valenza emotiva dei filmati. Ogni partecipante è stato sottoposto alla visione dei cortometraggi, somministrati in maniera randomizzata in tre sedute a cadenza settimanale così da evitare cali attentivi durante le proiezioni.
In ogni sessione, sono stati raccolti dati sullo stato emotivo dei partecipanti attraverso le scale per la depressione e il livello d’ansia. Per la valutazione dei filmati è stata adottata la medesima metodologia utilizzata da Lang e colleghi per standardizzare stimoli sonori e visivi. Il Self-Assessment Manikin – SAM è stato utilizzato per acquisire valutazioni affettive. Tre dimensioni venivano rappresentate graficamente da 9 figure SAM per ogni scala. Il partecipante poteva selezionare uno qualsiasi dei 9 punti sulla scala di valutazione barrando la figura che riteneva come più appropriata. I soggetti erano comodamente seduti all’interno della sala di proiezione del MIC (Museo Interattivo del Cinema). L’inizio di ogni prova era segnalato dal titolo del cortometraggio che i partecipanti riportavano sul foglio di risposta. Immediatamente dopo la visione di ogni stimolo video, il partecipante forniva la valutazione su tutte e tre le dimensioni usando il SAM. È stato utilizzato un periodo di valutazione standard di 60s, che ha consentito un ampio intervallo di tempo per i soggetti. Ogni partecipante valutava inoltre l’intensità delle sei emozioni base che il filmato aveva evocato attraverso una scala analogica, non verbale.
L’emergenza sanitaria imposta dalla pandemia ha costretto a una rimodulazione, e talvolta sospensione, di numerosi servizi socio-sanitari, ma Medicinema Italia in accordo con la Prof.ssa Bottini ha pensato utile poter continuare da remoto questa attività, testandone l’effetto anche mediante piattaforma Zoom. “Con il lockdown la situzione si è ulteriormente aggravata – sottolinea la Prof.ssa Bottini -. Da un lato, sono aumentati i pazienti rimasti soli, per via del contagio o per la perdita di parenti, con la conseguente necessità da parte di altri famigliari non conviventi di ricevere indicazioni su come coordinare l’assistenza a distanza; dall’altra la chiusura dei servizi territoriali e socio-sanitari, soprattutto nei primi mesi dell’anno, ha costretto i caregiver coniugi a limitazioni più severe e a una convivenza più serrata con il malato. Questo cambiamento della routine e l’isolamento hanno favorito un incremento vertiginoso dei disturbi comportamentali e un peggioramento delle autonomie di base e capacità funzionali”.
Le restrizioni imposte dall’isolamento hanno inoltre modificato la natura delle richieste dell’utenza, che divengono sempre più articolate. È quasi raddoppiata rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, la necessità di ricevere supporto psicologico che sottolinea l’importanza dell’inserimento di forme di supporto strutturate con impronta sociale. In sintesi, mai come quest’anno i percorsi di umanizzazione della cura hanno rappresentato una risorsa essenziale per i famigliari. E’ in continuo incremento infatti la necessità da parte dei famigliari di ricevere ascolto e sostegno psicologico. Anche per questo, essi stessi diventano diretti utenti del servizio,richiedendo colloqui per essere guidati, e per trovare sollievo allo stato di stress cronico. In questo senso il percorso di cura che persegue Medicinema Italia con la cineterapia deve allargarsi dal paziente al caregiver e deve includere interventi di supporto e sollievo non solo sanitario ma anche sociale.
“Abbiamo dovuto adattare la ricerca con questa dinamicità metodologica imposta dalle circostanze, sviluppando due studi, uno pilota per la definizione delle modalità di intervento e per verificarne la fattibilità, – continua la Prof.ssa Bottini – e uno ancora in corso, su un gruppo di caregiver al fine di contenere il loro burden ovvero il carico di stress e di ansia causato dall’assistenza quotidiana al familiare con disabilità. I risultati preliminari dell’intervento ci sembrano incoraggianti e sicuramente rappresentano l’inizio di un percorso di ricerca sulla creazione di protocolli scientifici che regolino l’utilizzo di strumenti adeguati per processi di cura ispirati a modelli complessi che includano le componenti sociali nella terapia e nell’assistenza”.
Questa rimodulazione è stata implementata con l’obiettivo di garantire ai caregiver e ai pazienti un supporto a distanza e di contenere il rischio di discontinuità assistenziale. In particolare, su 165 accessi, abbiamo accolto 114 familiari, che si sono approcciati al servizio per la prima volta. Parimenti, si è registrato un incremento di caregiver che si sono rivolti al servizio a più riprese.
L’analisi degli aspetti socio-demografici ha evidenziato alcune variazioni rispetto agli anni precedenti. I famigliari che in prevalenza si sono rivolti al nostro servizio si confermano di genere femminile. L’età media è di 50 anni, con diploma e un’occupazione. Quest’anno le richieste di aiuto sono giunte in prevalenza dai coniugi e si riscontra altresì un aumento considerevole di quelle effettuate da altri parenti, come fratelli, nuore o cognati.
“Come accaduto con varie attività e servizi ospedalieri, con grande impegno anche questo importante intervento è stato adattato alle regole dell’isolamento e del lockdown, trovando delle forme alternative di assistenza che eludessero l’interazione diretta, pur preservando le caratteristiche di partecipazione ed empatia che sono l’essenza della cineterapia – sottolinea Marco Bosio, Direttore Generale ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda -. La pandemia ci ha insegnato la rilevanza dell’interazione sociale per il nostro benessere. Abbiamo imparato a capire quanto questa componente sia parte della cura di tutti e in particolare delle persone malate. La necessità di trovare forme alternative per il mantenimento della cura nella sua completezza ha innescato un circuito virtuoso che ha stimolato la creazione di modelli di assistenza nuovi e originali”.
Forte della propria tradizione che vede nell’umanizzazione della cura il proprio fondamento, Fondazione Don Gnocchi ha negli anni dimostrato come la musica e l’arte possano rappresentare veri e propri modelli di intervento socio-sanitario e anche tradursi in un’offerta di servizi innovativi capaci di arricchire il complesso sistema di assistenza alla fragilità e ai loro familiari. “È così che prendere parte a questo progetto di ricerca – dichiara Antonio Troisi, Direttore area territoriale Nord 2 di Fondazione Don Carlo Gnocchi – significa ribadire l’impegno accanto ai principali enti e istituzioni del territorio, mettendo a disposizione non solo le risorse e competenze, ma anche la forza della rete territoriale: prosegue infatti con ottimi esiti il reclutamento dei caregiver all’interno delle nostre strutture sociosanitarie con l’obiettivo di poter presto contribuire allo studio con un panel sempre più ampio e significativo”.
“MediCinema è da anni impegnata in Italia nella costruzione di un modello di cura con utilizzo della cineterapia e delle arti visive, che possa divenire un valido strumento di medicina complementare – conclude Fulvia Salvi, Presidente MediCinema Italia Onlus -. In questi anni di attività all’interno dei primi due ospedali d’Italia, il Niguarda di Milano e il Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma, dove abbiamo realizzato due sale cinema senza barriere attrezzate per ospitare pazienti con varie disabilità, abbiamo costantemente monitorato i benefici della cineterapia nel sostegno al paziente, per offrire uno standard di intervento atto al mantenimento e miglioramento della qualità della vita, anche in ospedale e il più possibile vicino alla consuetudine. Un importante riconoscimento dell’attività dell’associazione viene anche dalle collaborazioni create in questi anni, che vedono tra l’altro il coinvolgimento di due premi Oscar quali Gabriele Salvatores che nuovamente e in occasione della nostra conferenza stampa, ha voluto portare la sua testimonianza di sostegno al nostro lavoro, e Giuseppe Tornatore, che dal nostro avvio ha donato il suo ingegno e tempo per raccontare in video cosa significa MediCinema”.