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MioDottore presenta la più grande indagine su come medici e pazienti affrontano il tema della prevenzione in Italia 

MioDottore rende noti i risultati dell’indagine “Prevenzione: il punto di vista dei medici e dei pazienti” realizzata in collaborazione con la società di ricerca Datanalysis. Lo studio si è concentrato sull’analisi delle prospettive e delle pratiche legate alla prevenzione da parte di medici e pazienti, offrendo uno sguardo approfondito sulle loro percezioni, abitudini e atteggiamenti. Lo scopo di questa ricerca è quello di comprendere meglio come i professionisti medici promuovano la prevenzione, quali siano le opinioni dei medici sui loro assistiti e quali siano le attitudini, necessità e pareri dei pazienti.

I dati raccolti offrono una panoramica esaustiva delle dinamiche che circondano il concetto di prevenzione, evidenziando le differenze e le similitudini nelle prospettive di medici e pazienti. Questa indagine fornisce un quadro fondamentale per sviluppare strategie e interventi mirati a migliorare la consapevolezza e l’adesione alla prevenzione nella pratica medica e tra il pubblico.

Il 64% dei medici intervistati usa il metodo tradizionale, cioè quello di parlare direttamente con il proprio paziente, con un picco del 75% nelle Sud e nelle Isole. Affrontare il tema della prevenzione durante le visite non sembra però essere per tutti una buona pratica, infatti il 51% non lo fa sempre e dipende da quante volte incontra il suo assistito.

Nell’uso della tecnologie per dialogare con i pazienti, il nord Italia detiene lo scettro dei medici più virtuosi e in generale ginecologi, dermatologi e dentisti sembrano essere i più inclini. Nonostante l’utilizzo di mezzi digitali, che favorisce un flusso d’informazione più mirato verso i pazienti, solo il 34% applica la regola di una comunicazione periodica effettuata attraverso questi strumenti per la gestione di avvisi o promemoria dedicati ai programmi preventivi. Il 70% dei medici del Sud e Isole lo fa solo quando si ricorda.

Secondo i medici le azioni dei pazienti al seguito delle raccomandazioni sulla prevenzione risultano essere mediamente tiepide, con un 26% che riscontra una tendenza addirittura ad ignorarle, con una più alta incidenza nelle specializzazioni di ortopedia, gastroenterologia e dermatologia. Quando ascoltati, dichiarano di notare negli assistiti discreti miglioramenti nel cambio di abitudini, soprattutto in ambito urologico e cardiologico. Tuttavia, in base alla media nazionale, un terzo dei medici evidenzia una totale mancanza di variazione.

Quasi la metà del corpo medico interpellato sostiene che i pazienti non siano sufficientemente consapevoli dei rischi che corrono se non si prendono cura di sé, seguito dal 17% che attribuisce questa carenza a questioni di tipo economico. La mancanza di tempo e l’interesse insufficiente sono le altre due motivazioni che pesano di più. Inoltre, per i ginecologi e i cardiologi la scarsa propensione ad avvicinarsi alla prevenzione è da attribuire alla paura di affrontare il tema.

Per il 71% dei medici il coinvolgimento dei pazienti attraverso l’uso di strumenti digitali potrebbe essere la chiave e lo affermano con più forza gli urologi e i gastroenterologi. Il dato è seguito da un 26% che sostiene che andrebbero incrementate le risorse per promuovere maggiori iniziative in favore della prevenzione. Per motivare i pazienti è necessario anche trovare una forma di incentivazione. Il 38% degli intervistati dà maggiore peso ai contributi economici, in particolar modo i dentist, i cardiologi e gli oculisti mentre quasi un medico su tre pensa che rendere le procedure ai programmi di accesso più facili e rapide potrebbe essere una delle migliori soluzioni.

L’87% dei medici sostiene che i pazienti hanno una comprensione parziale se non addirittura scarsa sui rischi associati a comportamenti non salutari, di questi il dato che fa più riflettere riguarda gli ortopedici, i dermatologi e gli oculisti. Questa rilevanza va di pari passo se si considera che, durante l’indagine, circa due terzi degli intervistati dichiara che le domande che vengono rivolte loro riguardano le malattie croniche e solo la restante parte riceve richieste di consigli per migliorare la propria salute o di informazioni su pratiche mediche come vaccinazioni o esami diagnostici. Tuttavia, i medici registrano una buona propensione dei pazienti ad utilizzare canali di comunicazione digitale come email, chat, messaggistica su piattaforme per chiedere consigli. Il 90% dei dottori dichiara di ricevere quesiti attraverso questi mezzi, senza significative differenze sul territorio italiano. Ginecologi, dentisti e cardiologi sono i più contattati tramite questi canali.

Dall’indagine emerge che i pazienti non fanno prevenzione in modo così regolare, infatti il 60% del campione totale dichiara di sottoporsi a controlli in modo occasionale, ogni due o 3 anni che se si somma a coloro che non lo fanno mai si raggiunge l’84%. Gli uomini sembrano essere meno attenti, il 35% lo fa raramente o mai, mentre le donne si curano con più costanza: l’87% fa visite o esami almeno una volta all’anno (23%) o ogni 2 o 3 anni. Con una certa comprensione i 20enni e i 30enni si occupano raramente o mai di fare prevenzione, rispettivamente il 45% e il 32%. Della fascia più agée solo poco più del 30% partecipa a programmi preventivi con la corretta frequenza, cioè almeno una volta all’anno. Il 78% di coloro che afferma di prendersi cura di sé in modo sporadico o per nulla ha un’istruzione di livello medio-basso. Dalla media generale delle risposte il medico specialista viene considerato la fonte primaria, sono soprattutto le donne a privilegiare questa risorsa, gli over 70 e i laureati. Della media nazionale del 21%, circa un terzo dei cittadini del Nord preferisce informarsi tramite Internet o Social Media, contro il 13% di coloro che abitano al Sud o nelle Isole. E all’interno dell’universo femminile ben il 27% usa questa come fonte primaria, così come il 35% dei ventenni. In questa ultima fascia d’età ci si rivolge inoltre con maggior frequenza ad un familiare o un amico per avere informazioni.

L’identikit della persona che discute più spesso con il proprio medico di famiglia su temi di prevenzione è donna, con istruzione superiore e over 50. Il 56% della totalità degli intervistati dichiara di affrontare qualche volta il tema con il proprio medico. Nel Sud del paese la tendenza diminuisce, il 24% della popolazione affronta raramente la questione, mentre l’universo femminile generale è più propenso (29%) e, come normale che sia, coloro che hanno superato il mezzo secolo d’età lo fanno con più frequenza. Inoltre, le persone che hanno un’istruzione medio-bassa hanno una propensione molto inferiore alla discussione. Sorprende in positivo il dato che riguarda i più giovani, il 66% dei 20enni e il 67% dei 30enni che qualche volta affrontano la prevenzione con il proprio dottore. Fa pensare invece un po’ in negativo la situazione dei 40enni, il 75% discute poco o nulla.

Quanto i pazienti si sentono stimolati dal medico di famiglia a partecipare a pratiche preventive, come visite di routine o esami periodici? Solo il 24% degli intervistati ha risposto “molto attivamente” e quasi un 20% non si sente per nulla spronato. Quest’ultima percezione si conferma anche nelle fasce d’età più giovani e se il livello d’istruzione del paziente è medio-bassa.

Inoltre, nell’indagine si è voluto approfondire l’aspetto della comprensione del paziente. Secondo gli intervistati quanto sono chiare e comprensibili le raccomandazioni e le spiegazioni del medico di base sulla prevenzione? Purtroppo il 58% dichiara di comprendere a volte e il 20% raramente o mai. Il genere maschile mostra più difficoltà a capire rispetto a quello femminile, così come è naturale che salga all’81% la complessità per i più giovani e al 70% per chi possiede un’istruzione medio-bassa.

Se invece l’interlocutore è il medico specialista, l’attitudine dei pazienti circa la prevenzione un po’ cambia. Per fortuna, solo il 9% dichiara di non toccare mai l’argomento durante le visite, mentre il 74% di coloro con istruzione medio-superiore lo fa sempre. Anche in questo caso le donne sono più partecipative, il 37% di loro affronta puntualmente l’argomento durante la visita così come il 49% degli over 70. Come per il medico di famiglia anche nella relazione con lo specialista i 40enni discutono meno del tema, solo qualche volta o raramente. Per coloro che hanno un’istruzione medio-bassa il dialogo con uno specialista invece incentiva di più il confronto. Ricordiamo che dall’indagine il medico specialista è la prima fonte di informazione.

Circa il sentirsi stimolati a intraprendere programmi di prevenzione, l’indagine non evidenzia un risultato generale nelle medie così differente rispetto all’esperienza che vivono con il medico di base. Le differenze oscillano di più a seconda dell’età. Sale il numero degli over 50 che afferma di sentirsi molto attivamente spronati dallo specialista.

Per ciò che concerne la comprensione del paziente durante le visite specialistiche il livello della comprensione fa un buon passo in avanti. Il 35% dei partecipanti all’indagine dichiara di ricevere informazioni chiare e le donne mostrano di avere un maggior grado di intendimento. Un’analoga tendenza si riscontra per tutte le fasce d’età.

Nell’indagine è stato chiesto ai pazienti di fornire dei suggerimenti per migliorare la comunicazione tra loro e il medico. Il 58% sceglie come preferenza quella di avere la possibilità di poter passare più tempo con il dottore durante le visite di cui il 79% è over 70 e il 39% è laureato. La seconda alternativa è quella di poter usufruire di servizi digitali che rammentino loro di partecipare ai programmi di prevenzione. Di questo gruppo le fasce di età più giovani 18/29 anni e 30/39 anni hanno mostrato il maggior interesse. Ricordiamo che questa opzione è stata più fortemente appoggiata dai medici. Inoltre, il percorso di prevenzione potrebbe diventare più efficiente se l’accessibilità e la facilità nell’ottenere i servizi fosse più agevole, infatti, per il 91% degli intervistati questo scoglio costituisce un problema che con l’andare dell’età diventa il più evidente e per i 96% dei laureati. Questo tema era stato messo in luce anche dal 30% dei medici.

L’analisi termina con la domanda su quali barriere i cittadini percepiscono come principali impedimenti nel seguire le raccomandazioni sulla prevenzione. Le scarse risorse economiche svettano con il 34% in tendenza con quanto percepito anche dai medici, la mancanza di tempo è il secondo fattore che influenza i pazienti del Nord, l’assenza di sintomi è un elemento omogeneo sul territorio mentre la sfiducia nel personale medico è assai residuale Ciò che stride è apprendere invece come solo il 15% è stato attribuito alla mancanza di consapevolezza da parte dei pazienti, quando il 50% dei medici che ha partecipato a questa inchiesta ha individuato come maggior ostacolo alla prevenzione proprio la “mancanza di consapevolezza” delle persone.

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