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Marzo mese della lotta al cancro del colon retto: Aigo invita alla prevenzione

I numeri del cancro in Italia riportano nel 2022 una stima di circa 48.100 nuove diagnosi e una mortalità che si stima per il 2021 di 21.700 decessi. La prevalenza della malattia cioè le persone viventi in Italia dopo una diagnosi di tumore del colon retto è di 513.500.

Lo screening è uno strumento di salute tanto più efficace quanto più partecipato e ha come scopo principale di intercettare le lesioni precancerose rappresentate dai polipi del grosso intestino o dai tumori in una fase precoce di malattia.

È da rilevare infatti una significativa percentuale di guarigione con sopravvivenza fino al 90%, nei casi frutto di una diagnosi precoce del problema.

Lo screening del cancro colo-rettale si rivolge ad una popolazione generale di età compresa tra i 50-74 anni, che viene invitata dal proprio medico di medicina generale a aderire alla iniziativa ritirando generalmente in farmacia un kit per la ricerca del sangue occulto in un piccolo campione di feci. Solo in caso di positività si procede ad effettuare l’esame di secondo livello rappresentato dalla colonscopia.

Secondo gli ultimi dati rilevati dai programmi di screening colorettale in Italia solo il 34,1% della popolazione in target, invitata a sottoponendosi all’esame per la ricerca del sangue occulto nelle feci, ha aderito a questa importante campagna di prevenzione. Su un totale di oltre 4 milioni di inviti spediti, sono infatti solo 1.368.000 gli italiani che hanno risposto positivamente allo screening colon-rettale.

Consapevole del valore determinante della prevenzione e della diagnosi precoce Aigo ha promosso nei primi mesi dell’anno l’indagine “Fattori che influenzano gli esiti dello screening organizzato del cancro colon retto in Italia”, che ha coinvolto oltre 50 strutture ospedaliere di 16 regioni italiane.

“La survey nasce dalla considerazione che il grado di partecipazione allo screening del cancro colon retto in Italia è significativamente eterogeneo, – afferma Marco Soncini Presidente di Aigo e Direttore del Dipartimento Medico ASST Lecco – generalmente le regioni del centro nord dell’Italia raggiungono performance più elevate di quelle del sud e delle isole. Più elementi concorrono a determinare l’adesione allo screening del cancro colon retto. Conoscere i fattori che favoriscono o al contrario riducono l’adesione allo screening permette di iniziare un percorso di rimozione delle criticità”.

L’obiettivo primario dello studio è identificare proprio i fattori che influenzano la partecipazione allo screening del cancro del colon-retto in Italia.

Dai dati preliminari si registra che il 21% dei centri ospedalieri aderenti al progetto appartiene a realtà regionali con recente attivazione delle campagne di screening (<5 anni), un dato che fa ben sperare soprattutto nel sud della penisola. Su questo fronte, l’Italia infatti non è uniforme: con regioni del centro – nord dove la campagna di screening è attiva da molti anni mentre è solo alle prime fasi in alcune regioni al sud del paese.

Lo studio di AIGO ha evidenziato anche differenze nel target di popolazione a cui è rivolto lo screening in Italia: nel 29% dei casi l’età della popolazione invitata è compresa tra i 50 e i 69 anni; nel 14.5% tra i 50 e i 70 anni e nel 56,5% tra i 50 e i 74 anni.

Differenti sono anche le modalità d’invito a partecipare allo screening, prevale ancora l’invio cartaceo con l’87% e solo in casi sporadici il ricorso alla mail o alla messaggistica mediante cellulare o sistemi combinati, mentre il ricorso a brochure informativa si attesta al 23%.  Questi dati, confrontati con le effettive adesioni alle campagne di screening della popolazione in target, permetteranno di individuare le modalità di invito più efficaci e performanti.

Un altro importante obiettivo della survey promossa da Aigo è misurare le performance organizzative dei centri che erogano la colonscopia di screening.

Su questo fronte i dati provenienti dalle strutture aderenti sono confortanti e segnalano un crescente adeguamento del personale e delle strutture ospedaliere, oltre all’introduzione di nuove tecnologie che rendono molto più precisa la diagnosi. In questi centri si rileva infatti che l’85% dello staff medico e il 69% dello staff infermieristico siano abilitati allo screening.

Il 96% dei centri dispongono di endoscopi ad alta definizione e nel 25% dei casi viene utilizzata di routine l’intelligenza artificiale. Tutti gli ospedali coinvolti effettuano sedazione e l’esame risulta completo nel 96% dei casi.

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