La “AI Fear” mette in ginocchio la sanità globale
“La medicina è un miscuglio di scienza, saggezza e tecnologia”: il noto ricercatore britannico Robert Platt aveva le idee chiare sul settore di competenza già a fine Novecento. Più di 40 anni dopo la storia non è cambiata, anzi al giorno d’oggi il settore medico-sanitario, così come tutte le principali industrie operative, è chiamato quotidianamente a evolversi per rimanere al passo con i tempi, abbracciando, in particolar modo, le tecnologie più all’avanguardia come l’intelligenza artificiale. Ciononostante, secondo una serie di ricerche condotte sulle principali testate internazionali del settore da Espresso Communication per conto di Intelligenza Artificiale Spiegata Semplice, sembra che numerose organizzazioni, oltre che istituti, medici e addetti ai lavori, non siano molto propensi ad accogliere il cambiamento, anzi risultano persino spaventati da esso. Per questo motivo, a livello globale, sta prendendo sempre più corpo il fenomeno denominato “AI Fear”, ovvero la paura di farsi aiutare dall’artificial intelligence nello svolgimento delle mansioni lavorative di tutti i giorni. Conferme in merito giungono, in primis, dagli Stati Uniti e, nello specifico, da un recente approfondimento realizzato da eMarketer, secondo cui, solo negli USA, più di 7 medici su 10 non vogliono avere a che fare con la tecnologia del momento perché non sanno come utilizzarla e la temono perché sono convinti che un giorno possa persino sostituirli. Le ansie e le paure dei medici vengono inevitabilmente passate ai loro pazienti: infatti, stando a quanto indicato da Healthcare Dive, l’81% delle persone presenti all’interno dei reparti ospedalieri preferisce confrontarsi con un professionista piuttosto che con un algoritmo o un avatar. Lo scenario generale coinvolge anche l’Europa e, nel dettaglio, anche l’Italia dove, secondo Medscape solo il 10% dei medici si considera informato sugli usi e le potenzialità dell’AI e ritiene di essere pronto a sperimentarla nella quotidianità. Alla luce di quanto analizzato fino a questo momento, sorge una domanda quasi spontanea: è possibile invertire il trend per fare in modo che l’artificial intelligence possa sbocciare all’interno dell’universo medico-sanitario?
La risposta è sì e, stando all’opinione degli esperti, risulta fondamentale fare cultura sul tema per portare a casa il risultato desiderato. Come? Attraverso eventi, sia online sia in presenza, corsi di formazione, podcast, demo e molto altro. Ulteriori dettagli sul tema espresso vengono forniti proprio da due esperti del made in Italy: si tratta di Giacinto Fiore e Pasquale Viscanti, founder di Intelligenza Artificiale Spiegata Semplice e ideatori dell’AI Week, che recentemente hanno stretto una partnership strategica con la FISM, vale a dire la Federazione delle Società Medico – Scientifiche Italiane, per acculturare il mondo sanitario italiano, e di conseguenza tutti i professionisti che ne fanno parte, per promuovere e valorizzare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale all’interno della health industry del Bel Paese: “L’AI non è e non sarà mai un mostro da sconfiggere per noi, bensì una valida compagna di viaggio capace di migliorare, anzi perfezionare le nostre giornate. Esistono diversi modi per sfruttarne al meglio i punti di forza, pensiamo ad esempio agli algoritmi che riescono a leggere alla perfezione una cartella clinica e, in seguito, a fornire una chiave di lettura utile al medico in questione, il quale, in un secondo momento, avrà le idee più chiare sulla terapia da applicare sul paziente che sta seguendo personalmente. A livello strettamente operativo vogliamo portare nuove certezze nel mondo della medicina italiana per fare in modo che ambulatori, ospedali e aziende possano definitivamente aprire le porte all’intelligenza artificiale”.
Sulla stessa lunghezza d’onda si dimostra anche un’altra figura di spicco del settore, ovvero Loreto Gesualdo, presidente della Federazione delle Società Medico – Scientifiche Italiane: “L’artificial intelligence ci aiuterà a svolgere meglio il nostro ruolo di medici – dichiara Loreto Gesualdo, presidente della Federazione delle Società Medico – Scientifiche Italiane – Ci sono tante case history a supporto di quanto appena affermato, ma la prima che mi viene in mente riguarda i Big Data, ovvero l’AI che ci aiuta a raccogliere dati da trasformare in informazioni utili per studiare tante patologie e cambiarne la storia.
Ma non è tutto, infatti esistono persino algoritmi, i quali dimostrano che molecole inizialmente «messe da parte» possano essere riutilizzate per terapie legate a patologie diverse. E ancora, esiste la possibilità di generare dei gemelli digitali, sui quali possono essere testati gli effetti collaterali di una risposta terapeutica. In Italia abbiamo tantissimi grandi ricercatori e non dobbiamo nasconderci di fronte alle potenze internazionali, dobbiamo però investire maggiormente in ricerca e, ad oggi, ricercare vuol dire proiettare lo sguardo verso il futuro. E il futuro non può che combaciare con l’intelligenza artificiale. Per questo motivo, abbiamo scelto di dare il via a questa collaborazione con IA Spiegata Semplice perché siamo convinti che potremo dare qualcosa in più a tutte le società federate. Vogliamo alfabetizzare la classe medica e, di conseguenza, portare a una vera e propria rivoluzione culturale grazie ad appuntamenti formativi e chiarificatori. A questo proposito, uno su tutti sarà sicuramente l’AI Week, evento a cui prenderanno parte anche moltissime importanti realtà del mondo medico-sanitario”.
Fanno seguito alle parole di Gesualdo ulteriori precisazioni relative alle applicazioni più sorprendenti dell’intelligenza artificiale in campo medico. Queste ultime giungono da un’analisi accurata fornita dal portale statunitense Techtarget: nel dettaglio, si parla di algoritmi in qualità di “artificial decision makers” perché sono in grado di analizzare una cartella clinica e, in seguito, di supportare i medici, chiamati a prendere decisioni e fornire soluzioni utili a strutturare terapie all’avanguardia per i pazienti coinvolti. Ma non è tutto, perché gli stessi algoritmi divengono persino scienziati da laboratorio: infatti, questi sistemi di ultima generazione non solo possono essere di aiuto nell’analisi di farmaci presenti sul mercato, ma ne possono persino creare di nuovi. Come? Partendo da un’analisi accurata di molecole inizialmente messe da parte o scartate, le quali, invece, risultano in un secondo momento di grande valore e importanza nel momento in cui vengono a galla nuovi virus o batteri. La valutazione di queste piccolissime entità viene poi messa a disposizione dei ricercatori che, in seguito, possono sfruttare i loro punti di forza per studiare e realizzare nuovi farmaci a disposizione dei più bisognosi. Per ultima, ma non meno importante, l’artificial intelligence scende in campo all’interno dell’universo sanitario in qualità di “data capture system” perché, in lassi di tempo relativamente brevi, riesce proprio a catturare notevoli moli di dati e, di conseguenza, a fornire sotto forma di report i numeri e le indicazioni più importanti agli addetti ai lavori che, come già anticipato dal presidente della Federazione delle Società Medico – Scientifiche Italiane,avranno quindi più tempo per svolgere al meglio il loro lavoro, dedicando così maggiore attenzione al confronto e al trattamento empatico dei loro pazienti.