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Il Kombucha è una bevanda fermentata leggermente dolce e frizzante prodotta con tè fermentato e piante aromatiche che sta rapidamente conquistando i mercati americani ed europei. Un gruppo di scienziate del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa ha studiato e descritto per la prima volta la popolazione di microrganismi di un Kombucha realizzato con tè verde zuccherato e piante aromatiche come erba cedrina, malva, rosa canina e menta. Il risultato, pubblicato sulla rivista scientifica International “Journal of Food Microbiology”, è stata l’individuazione di 58 lieviti, molti dei quali benefici per il nostro microbiota intestinale.
“Lo studio del DNA ha dimostrato che la maggioranza di questi lieviti non corrisponde a quelli utilizzati per produrre vino, birra e pane, – spiega la professoressa Monica Agnolucci – si tratta quindi di lieviti in qualche modo “tipici” che partecipano alla fermentazione di altri tipi di Kombucha e di particolarissime bevande come la birra Lambic, una delle più antiche prodotte in Belgio e ottenuta tramite fermentazione spontanea, o come l’ice wine, un vino ricavato dalla fermentazione di grappoli congelati e vendemmiati all’inizio della stagione invernale”.

“Molti di questi lieviti – prosegue Agnolucci – si sono dimostrati capaci di produrre esopolisaccaridi, sostanze dietetiche con funzioni importanti nel nostro intestino, e potranno essere ulteriormente saggiati per la loro capacità di sopravvivere nel tratto gastro-intestinale, svolgendo così il ruolo di probiotici”.
Oltre ai lieviti, nello studio sono state anche isolate e caratterizzate diverse specie di batteri lattici e acetici, che contribuiscono alla formazione del gusto e dell’aroma della bevanda.
“E’ importante sottolineare che il Kombucha rappresenta una bevanda fermentata che non deriva da prodotti animali, come lo yogurt e il kefir – aggiunge la professoressa Manuela Giovannetti – e può essere utilizzato da parte di persone vegane o intolleranti al lattosio, come alternativa al consumo di latticini fermentati”.
Le altre autrici pisane dello studio, insieme a Monica Agnolucci e Manuela Giovannetti, sono Arianna Grassi, Caterina Cristani, Michela Palla e Rosita Di Giorgi.

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