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È un livello di fiducia nelle istituzioni molto alto quello evidenziato dai risultati di un’indagine “Coronavirus e fiducia”, realizzata a marzo 2020 dall’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma durante le prime fasi della crisi Covid-19, nel momento in cui il contagio si stava rapidamente diffondendo nel nostro Paese. La ricerca, con il titolo “All We Need is Trust: How the COVID-19 Outbreak Reconfigured Trust in Italian Public Institutions”, è stata pubblicata su “Frontiers in Psychology” a firma dei ricercatori Rino Falcone, Elisa Colì, Silvia Felletti, Alessandro Sapienza, Cristiano Castelfranchi e Fabio Paglieri.

“Oltre alla eccezionale gravità sanitaria, l’epidemia ha comportato uno stravolgimento nei nostri comportamenti, l’interruzione delle attività lavorative e di svago, distanziamento, blocco della mobilità. Con l’indagine volevamo indagare gli aspetti socio-cognitivi e comportamentali in merito alla gestione e messa in atto di provvedimenti e linee guida per il contrasto e la diffusione del virus”, spiega Falcone. L’indagine ha interessato 4.260 persone, 57% donne e 43% uomini, tramite un questionario basato su un modello sviluppato da Castelfranchi e Falcone, “esplorando in particolare le opinioni sulla competenza delle Autorità pubbliche (Ap) riguardo a finalità ed efficacia delle misure di sicurezza, oltre che alla fiducia complessiva verso le istituzioni”.

Lo studio evidenzia che la competenza delle Autorità pubbliche è stata valutata positivamente dalla maggioranza degli intervistati per le corrette misure prescrittive e linee guida comportamentali. Il campione attribuisce piena intenzionalità alle Ap per il contenimento della pandemia, sia attraverso norme che linee guida; riguardo alle azioni conseguenti, gli investimenti prospettati sono giudicati sufficienti dal 55,9% e il 43,1% ritiene che non ci siano altri interessi in gioco. Ma come convincere gli scettici a uniformarsi alle regole e a comportamenti responsabili? “Facendo leva sullo spirito di condivisione contro una minaccia comune, auspicando maggiore fiducia verso le autorità pubbliche in termini di azioni e tempestività, considerando meglio i rischi associati alla pandemia”, sottolinea Falcone. “A marzo 2020 la fiducia istituzionale risulta molto alta, un dato in netto contrasto con i livelli relativamente bassi caratteristici dell’Italia, sia storicamente che in recenti indagini come quelle pubblicate nel Rapporto Eurispes – Italia 2020, che indica il 14,6%. Per il 92,6% degli intervistati, poi, la fonte informativa più affidabile sono gli scienziati. Su quale sia l’Autorità più adeguata a prendere decisioni in merito all’emergenza, il 72,8% indica il governo, il 13,3% la Protezione civile, il 4,2%.

Rino Falcone dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma, ha sottolinato: “Abbiamo pubblicato su “Frontiers in Psychology” una ricerca dal titolo “All We Need is Trust: How the COVID-19 Outbreak Reconfigured Trust in Italian Public Institutions” di Rino Falcone, Elisa Colì, Alessandro Sapienza, Cristiano Castelfranchi e Fabio Paglieri. Partiamo da un punto inequivocabile, Partiamo da un punto inequivocabile: una pandemia, in generale, determina una situazione di eccezionale gravità socio economica sanitaria. Questa produce delle conseguenze tali che le autorità pubbliche sono necessitate a intervenire e ad introdurre dei restringimenti, dei vincoli di comportamento per l’intera cittadinanza. Ne consegue uno stravolgimento nei nostri comportamenti, distanziamento, blocco della mobilità, interruzioni di attività lavorative oltre che, ovviamente, quelle di svago e di ricreatività. A noi quello che interessava analizzare era come questi vincoli provocassero di fatto un impatto sulla nostra mente, sul nostro modo di rappresentarci il mondo rappresentarci gli interlocutori, il nostro modo di considerare noi stessi all’interno della società. Uno dei costrutti mentali più interessanti da questo punto di vista è quello della fiducia. Nella nostra ricerca abbiamo indagato come i cittadini cambiassero il proprio atteggiamento di fiducia, attraverso l’avvento della pandemia, nei confronti delle autorità pubbliche. Quello abbiamo trovato è uno straordinario incremento di fiducia da parte dei cittadini nei confronti dell’autorità, rispetto alla capacità dell’autorità di mettere in campo le misure adeguate e di farlo con le giuste intenzioni, con i giusti scopi, rispetto alla capacità di coinvolgere l’intera cittadinanza. Sono emersi aspetti di fiducia anche nella capacità degli altri cittadini di conformarsi alle regole introdotte. Insomma, è emerso un quadro della fiducia come un fattore protettivo,  tanto come strumento psicologico quanto per un’efficace funzionamento della società. Come interpretare questi risultati? Come è possibile, che la fiducia nelle autorità pubbliche sia passata, dalla fase pre-pandemica a quella pandemica, a valori molto più elevati? La nostra interpretazione è che di fronte a un evento così rischioso, così pericoloso per le nostre vite e per lo stesso funzionamento della società, quello che è avvenuto è un fenomeno noto nell’ambito della psicologia e delle scienze cognitive, come scambio tra causa ed effetto. Non abbiamo, cioè, costruito la fiducia andando a valutare oggettivamente i precursori. avendo la necessità di fidarci delle autorità, le uniche che potevano operare e quindi tirarci fuori da questa crisi pandemica, ci siamo imposti una fiducia su di esse come una necessità, come un vero e proprio scopo.  Le stesse autorità pubbliche, per operare bene e ottenere risultati adeguati, avevano la necessità di fidarsi dei cittadini, dei loro comportamenti conformi alle norme introdotte. Per concludere, è come se si fosse realizzata una sorta di accordo tra cittadini e autorità pubbliche, in cui ciascuno ha sentito il bisogno di fidarsi dell’altro ben oltre quei valori che, quando misurati nelle situazioni fuori pandemia, risultavano completamente differenti”.