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Entra nel metaverso il primo paziente con emofilia

Trent’anni dopo il libro “Snow crash” di Neal Stephenson che presagiva una realtà virtuale in 3D interattiva con il mondo “fisico”, il metaverso è oggi l’attualità, una dimensione in cui le persone si muovono attraverso i propri avatar in ambienti costruiti ad immagine e somiglianza, anche dalle griffe.

In sanità questo ecosistema in cui convivono realtà virtuale e realtà aumentata e intelligenza artificiale, offre già esperienze e progetti di Realtà Virtuale, ad esempio, per malati di Alzheimer, per pazienti con disabilità motorie e assistenti digitali per i caregiver.  

Ma oggi è possibile calarsi virtualmente nei panni di chi è affetto da una malattia rara?  Cosa significa per un ragazzo essere affetto da emofilia? Come affronta il mondo ed il rapporto con i suoi coetanei?

Ecco che risponde, a modo suo, “I_EM” il primo paziente con emofilia che, grazie all’agenzia BB&C specializzata nella comunicazione per il mondo Health, è entrato nel metaverso di The Nemesis per interagire, farsi conoscere e giocare con i suoi coetanei.

Ma “I_EM” è fermo, bloccato dal pregiudizio, dallo stigma di una malattia che lo considera fragile, come un vaso di cristallo. I suoi amici hanno paura di coinvolgerlo perché temono si possa fare male. Ma lui è pronto, a vivere come tutti gli altri, anche grazie alle nuove terapie, come nel mondo reale.

“I_EM” non interagisce ed è deciso a non fare nulla sino a che gli altri non si muovono per conoscere le reali implicazioni e possibilità di un emofilico. Imparando così che la relazione con un emofilico, può essere come tutte le altre.

“In questi ultimo periodo vi è uno sforzo da parte dei differenti soggetti del settore della salute per dare visibilità e collocare nella giusta prospettiva le malattie rare” dice Marzio Saffi CEO dell’agenzia. “Troppo spesso quest’ambito appare marginale ma noi sappiamo quanto faccia la differenza per i pazienti e i loro familiari portare l’attenzione non solo della comunità scientifica, su questi temi. Anzi è proprio il pubblico giovane quello al quale rivolgersi utilizzando strumenti per stimolarne la curiosità per farne acquisire consapevolezza di cosa significhi essere emofilici, quali limiti e quali similitudini.”

“Di emofilia si vive. Questa è la grande verità. Con l’emofilia – dichiara Alessandro Marchello, Presidente A.C.E. Miano – si può vivere anche bene, ma serve l’aiuto di tutti: della medicina, certo, ma anche della società. A volte l’emofilia può rappresentare un limite, non di chi la vive ma di chi non la conosce. Così, pur essendo una condizione di mancanza di salute, apprezziamo l’aiuto di “I_EM” che con la sua vita nel metaverso rappresenta una spinta nella diffusione di una piccola importante parola e quindi di una maggiore conoscenza: emofilia. Nel mondo virtuale se si sanguina forse non si deve fare una terapia, ma raccontare, raccontarsi, spiegare e risolvere curiosi stereotipi, può rappresentare una diversa forma di guarigione.”

“I notevoli avanzamenti nella cura dell’emofilia permettono di vivere una vita piena e largamente priva di significative limitazioni. All’orizzonte vi sono trattamenti – afferma Andrea Buzzi, Presidente Fondazione Paracelso – che rendono pensabile la guarigione, senza ricorso a terapie continuative o da reiterare nel tempo.

Tuttavia, fintanto che vi sarà una patologia, sarà necessario e opportuno offrire ai pazienti e alle loro famiglie un’adeguata assistenza specialistica, e fornire risposte anche sul piano degli strumenti comunicativi. I social network e la rete sono indubbiamente uno spazio da presidiare e utilizzare, soprattutto pensando alle generazioni più giovani.”

“La conoscenza è quindi il primo passo per l’inclusione – conclude Saffi – e questa prima azione di “I_EM” fa parte di un piano editoriale e di comunicazione più ampio volto allo sviluppo di storie quotidiane di disease awareness pensate e proposte per il metaverso.”

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