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Dallo sviluppo dei vaccini al monitoraggio del virus, il mondo non avrebbe attraversato, più o meno indenne, gli ultimi due anni senza un massiccio ricorso alla tecnologia. Pandemia a parte, lo stesso percorso è avvenuto nel settore sanitario, della gestione cure mediche programmabili alla diffusione delle cartelle cliniche elettroniche. Tutto questo si basa su un elemento comune: i dati dei pazienti.

La domanda che ci poniamo, dunque, è la seguente: un’adozione così rapida e forzata della tecnologia nel settore sanitario è stata accettata di buon grado da parte dei consumatori, solitamente resistenti al cambiamento?

Stando ai numeri, si direbbe di sì. Al programma EU4Health 2 022 dell’Unione europea, ad esempio, è stato assegnato un budget di oltre 835 milioni di euro per potenziare i sistemi sanitari in Europa, di cui circa 77 milioni di euro destinati agli investimenti nel digitale. Si tratta della creazione di uno spazio europeo di dati sanitari, che mira a promuovere un migliore scambio e accesso tra gli Stati membri di informazioni come le cartelle cliniche elettroniche, i dati genomici e dei registri dei pazienti.

Per dare un’idea delle dimensioni dello scenario, si consideri che i dati in ambito sanitario rappresentano ben il 30% dei dati archiviati a livello globale. Un singolo paziente genera fino a 80 megabyte all’anno solo di dati di imaging e di cartelle cliniche digitali. Spostandoci nel quotidiano, molti di noi hanno già sperimentato consulenze mediche virtuali, o hanno ricevuto diagnosi da remoto. In un mondo sempre più invaso dai dispositivi wearable e dove la ricerca medica progredisce a un ritmo incredibile, assistenza sanitaria e dati sono ormai così interconnessi che è impossibile avere l’uno senza l’altro.

La fiducia è il motore principale di tutto questo. In ambito sanitario ci fidiamo quasi ciecamente dei medici che dispongono dei nostri dati perché, come pazienti, permane una chiara demarcazione delle competenze, congiuntamente alla volontà di fornire loro tutto ciò che è necessario alla cura. Questa inclinazione permane nonostante violazioni dei dati di alto profilo come l’attacco WannaCry del 2017, che ha colpito più di un terzo delle strutture del sistema sanitario nazionale del Regno Unito. Secondo le ricerche, nel 2021 sono state segnalate in media 1,95 violazioni di dati sanitari al giorno su 500 o più record.

La nostra ricerca Digital Frontiers ha rilevato che oltre la metà dei consumatori si sente a proprio agio o è entusiasta dei videoconsulti medici come primo contatto. Il 43% si dice propenso all’idea che un membro della famiglia affetto da una malattia cronica abbia la libertà di vivere più lontano da una struttura medica, perché i sensori e il monitoraggio dei dati possono prevedere in tempo reale quando avrà bisogno di assistenza medica.

In un’ottica più ampia, la ricerca ha anche evidenziato un certo appetito dei consumatori ad adottare un maggior numero di applicazioni digitali e di condivisione dei dati. Quasi la metà si sente a proprio agio o è entusiasta se un medico più qualificato esegue un intervento chirurgico invasivo attraverso la robotica a distanza rispetto a un medico meno qualificato che lo esegue di persona, mentre il 61% si sente a proprio agio o è entusiasta nel disporre di sensori e di un monitoraggio dei dati in tempo reale per consentire a un familiare di prevedere quando e se avrà bisogno di assistenza medica.

La combinazione tra una tecnologia sempre più diffusa e l’opportunità di utilizzare i dati e lo storico proveniente dalle generazioni meno giovani per migliorare le cure per le nuove generazioni rende i dati e le informazioni la nostra più grande arma di difesa nella lotta contro la fallibilità o la fragilità. Prendiamo ad esempio il morbo di Alzheimer, che colpisce un numero sempre maggiore di persone, sia direttamente che indirettamente: sempre più persone sonodisponibili a fornire dati con l’obiettivo di trovare una cura, come dimostra Outreach Pro, presentato lo scorso anno dall’Alzheimer’s Association allo scopo di incentivare la partecipazione dei cittadini a trial clinici. Un altro esempio è Health-X data loft, progetto tedesco che mira a creare uno “spazio di dati sanitari incentrato sul cittadino”, ponendo i cittadini al centro, trasformandoli da destinatari passivi di servizi a partner attivi.

Come evolveremo da qui a domani è ancora tutto da scoprire. Aumentando la pervasività della tecnologia in ambito sanitario stiamo riducendo l’onere e la necessità dell’uomo ad eseguire determinate compiti, al punto che molti finiranno per essere completamente “human-free”, e alcuni già lo sono. Ma, nella maggior parte dei casi, non si tratterà di uno scontro uomo – macchina, bensì di un binomio sinergico.

L’ospedale universitario di Essen, che ha adottato per primo l’Intelligenza Artificiale in ambito medico, oggi è leader mondiale nel campo. L’IA consente ai medici di diagnosticare e creare piani di trattamento attraverso sistemi informatici cognitivi. Il dottor Felix Nensa, radiologo dell’Ospedale Universitario di Essen e group leader dell’Institute for Artificial Intelligence in Medicine, ha dichiarato: “Desideriamo fare medicina di precisione e trattare ogni singolo paziente come individuo. Se ci mancano dei dati o non abbiamo un quadro completo del paziente, questo approccio fallisce. Avendo a disposizione tutte le informazioni di cui necessitiamo, è possibile utilizzare sistemi di supporto alle decisioni cliniche e applicazioni basate sull’IA che ci aiutano davvero a offrire ai nostri pazienti il miglior trattamento possibile”.

Un altro esempio è il Netherlands Cancer Institute, che da oltre un secolosvolge il ruolo di guida per il mondo della ricerca d’avanguardia e lo studio della malattia. Roel Sijstermans, responsabile IT del Netherlands Cancer Institute, ha dichiarato: “Che si tratti di analisi delle cellule tumorali o di scansioni dei pazienti, siamo fermamente convinti che innovazioni come l’IA svolgeranno un ruolo sempre più cruciale nel futuro della ricerca, della diagnostica e del trattamento del cancro”.

Il futuro dell’healthcare dipende dalla capacità delle organizzazioni di liberare il potenziale dei dati, trasformandoli in conoscenza e utilizzandoli per ottenere i migliori risultati per i pazienti. È questa la nuova frontiera digitale del settore sanitario, che negli ultimi tempi ha fatto passi da gigante non solo per quanto riguarda l’utilizzo dei dati, ma anche per le modalità con cui vengono estratti, archiviati, condivisi e salvaguardati.

Indipendentemente dalla specializzazione, dal tipo di malattia, dalla demografia di una determinata comunità, il futuro di trattamenti, cure e, più in generale, sfide in ambito medico risiede nei dati.

(a cura di Rodolfo Rotondo, Business Solutions Strategy Director EMEA di VMware)