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Da Tor Vergata un cerotto per la rilevazione digitale della febbre

La misura della temperatura corporea è uno dei pilastri del contrasto alla diffusione del Covid-19 ed in generale di molte sindromi epidemiche. In queste procedure, la rilevazione della temperatura deve poter essere eseguita in modo veloce ed accurato, possibilmente riversando automaticamente i dati acquisiti verso un sistema di elaborazione centralizzato. Le tecniche attualmente utilizzate consistono in termocamere e termoscanner che inquadrano il volto, termometri auricolari e termometri ascellari.

Nell’ambito del progetto Second Skin, finanziato dalla Regione Lazio ed appena concluso, il gruppo di ricerca del prof. Gaetano Marrocco, coordinatore del Corso di Laurea in Ingegneria Medica dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, ha messo a punto un nuovo sistema di misurazione personale della temperatura che pone in sinergia le piattaforme di Internet of Things con l’Elettronica Epidermica. I nuovi sensori wireless, privi di batteria, si presentano come comuni cerotti che racchiudono al loro interno una sonda di temperatura delle dimensioni di un granello di sabbia ed una sottile antenna per la trasmissione wireless del dato misurato e di un codice identificativo univoco. Il sistema permette quindi di monitorare molti utenti in pochi secondi senza commettere errori di corrispondenza dato/paziente. Nel recente articolo scientifico pubblicato in questi giorni su “IEEE Sensor Letters”, gli autori hanno dimostrato che il sensore Second Skin è in grado di riprodurre l’accuratezza di un termometro elettronico ascellare con tempi di lettura di pochi secondi.

II dispositivo potrà essere prodotto su grandi volumi ad un costo indicativo di 1 euro e potrà essere indossato per un periodo compatibile con il tempo di adesione di un comune cerotto medicale. Generalmente rimane integro fino ad una settimana dall’applicazione sulla cute, senza fastidi per l’utente durante le normali attività giornaliere, comprese quelle che includono il diretto contatto del dispositivo con l’acqua. Il sensore può essere interrogato da un lettore portatile delle dimensioni di un portachiavi, pilotato da uno smartphone, oppure da un lettore fisso integrabile in un varco. In ambedue le configurazioni il dato acquisto potrà essere immediatamente ed automaticamente trasmesso verso un database remoto per l’elaborazione e il feedback decisionale.

Gli esperimenti condotti su un set di volontari sani hanno dimostrato che il dispositivo non è influenzato dalle condizioni ambientali di misura (caldo, freddo, umido..), come invece accade per molte altre tecniche attualmente in uso, garantendo quindi una maggiore affidabilità. L’abbinamento automatico dato-utente permette inoltre di ricostruire i contatti in relazione agli stati febbrili. Una memoria interna riscrivibile consente di registrare l’ultimo dato termico rilevato, il suo valore massimo e minimo.

Le applicazioni possibili riguardano il controllo automatico degli accessi in ambienti ospedalieri e lavorativi, RSA, aree commerciali e scuole. Il sensore potrà inoltre trovare utilità anche nel monitoraggio remoto dei pazienti, che potranno essere seguiti nelle cure e nel processo di guarigione direttamente dalle proprie abitazioni, riducendo il sovraffollamento dei reparti ospedalieri. La tecnologia di digitalizzazione del dato abilita inoltre una serie di funzionalità che possono essere ampliate per il monitoraggio di diversi parametri corporei in una visione futura che volge verso la Digital Transformation delle procedure di assistenza sanitaria.

Il gruppo di ricerca, dopo aver avviato i contatti con aziende manifatturiere in grado di produrre il dispositivo su larga scala, è attualmente in cerca di partner commerciali nel settore biomedicale e farmaceutico, per finalizzare la tecnologia in una famiglia di prodotti utilizzabili nel breve periodo, anche e soprattutto come ausilio al contrasto e contenimento dell’epidemia COVID-19.

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