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La sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus-2 è il nome dato al nuovo coronavirus del 2019. COVID-19 è il nome dato alla malattia associata al virus. Come si sa il SARS-CoV-2 è un nuovo ceppo di coronavirus che non è stato precedentemente identificato nell’uomo. I dati OMS al 28 settembre indicano in 32.968.853 i casi confermati nel mondo dall’inizio della pandemia con un tragico bilancio di 995.836 morti. I sintomi di COVID-19 variano sulla base della gravità della malattia, dall’assenza di sintomi a presentare febbre, tosse, mal di gola, debolezza, affaticamento e dolore muscolare e nei casi più gravi, polmonite, sindrome da distress respiratorio acuto, sepsi e shock settico, che potenzialmente portano alla morte. I più comuni sono: febbre ≥ 37,5° C e brividi, tosse di recente comparsa, difficoltà respiratorie, perdita improvvisa dell’olfatto o diminuzione dell’olfatto, perdita del gusto o alterazione del gusto, raffreddore o naso che cola, mal di gola e diarrea. Esiste però anche un coinvolgimento della sfera mentale e comportamentale: in letteratura si sono riportati casi di pazienti affetti da confusione, agitazione e segni psicotici. Ad oggi non sono state pubblicate descrizioni dettagliate di pazienti colpiti da COVID-19 e affetti da difficoltà cognitive specifiche.
Lo studio del Professor Konstantinos Priftis del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università diPadova, in collaborazione con le psicologhe Dott.ssa Lorella Algeri e Dott.ssa Simonetta Spada e la fisiatra Dott.ssa Stella Villella dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, è stato pubblicato sulla rivista «Neurological Sciences»del gruppo editoriale Springer Nature con il titolo “COVID-19 presenting with agraphia and conduction aphasia in a patient with left-hemisphere ischemic stroke”. È stato indagato per la prima volta un paziente in cui il COVID-19 si è manifestato oltre che con lievi evidenze respiratorie anche con sintomi mentali generalizzati, in seguito regrediti, e con segni neuropsicologici altamente specifici. La pubblicazione del gruppo del Professor Priftis ha analizzato il percorso clinico del paziente dal punto di vista neuropsicologico descrivendo le difficoltà cognitive specifiche riscontrate. La ricerca pone in evidenza come, oltre alla necessità di curare le conseguenze dei danni respiratori e cerebrali, una delle frontiere future che il sistema sanitario dovrà fronteggiare sarà quella di valutare un paziente COVID-19 anche dal punto di vista neuropsicologico come indizio sentinella di affezione da virus e avviare una sistematica riabilitazione cognitiva.
«Abbiamo studiato un paziente in cui il COVID-19 ha causato un ictus localizzato nell’emisfero cerebrale sinistro – dice Konstantinos Priftis. Dopo alcuni giorni di febbre l’uomo, ormai sfebbrato, era stato ricoverato non tanto per complicazioni polmonari,ma per difficoltà linguistiche e agitazione comportamentale. A tutti gli effetti, da un punto di vista clinico, non sarebbe stato un paziente COVID-19. I routinari test sierologici di protocollo adottati per il ricovero hanno svelato la presenza di anticorpi per il SARS-COV-2 mentre la risonanza magnetica ha rivelato la presenza di embolie multiple nell’emisfero cerebrale sinistro. Ed è qui che, rispetto alla prassi clinica seguita per i ricoverati, abbiamo sottoposto il paziente anche a un esame neuropsicologico molto approfondito. Dopo i test abbiano notato come il paziente fosse incapace di scrivere e di come si sia manifestata, in maniera più lieve, un’afasia di conduzione cioè l’incapacità di ripetere le parole udite, mentre il resto delle funzionimentali era rimasto intatto». Lo studio mette in luce, per la prima volta, come il SARS-COV-2 può manifestarsi non solo tramite segni respiratori o sintomi mentali generalizzati, ma anche consegni neuropsicologici altamente specifici.
«Questo caso è importante perché è una sorta di “sentinella” di situazioni simili che potrebbero sottrarsi alla casistica dei pazienti Covid-19 una volta passata l’emergenza. Ecco perché – sottolinea Konstantinos Priftis – diventa molto importante inserire un’attenta valutazione neuropsicologica tra i test diagnostici delle conseguenze del SARS-COV-2. Alcuni pazienti, come il nostro, sono arrivati all’osservazione clinica a causa dei loro segni neuropsicologici e non per i classici segni respiratori. Non solo, una volta venuti alla luce questi casi, oltre la valutazione neuropsicologica, molti di questi pazienti dovranno essere seguiti per una loro sistematica riabilitazione cognitiva. Questa circostanza costituisce una nuova sfida, non solo clinica ma anche finanziaria, da affrontare immediatamente nell’ambito delle conseguenze cerebrali del SARS-COV-2».