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I risultati di uno studio guidato da ricercatori dell’Università di Bologna, dell’Università di Parma e IRCCS Humanitas, pubblicati sulla rivista “Clinical Gastroenterology and Hepatology”, stimano le conseguenze che il rinvio degli esami di screening per il cancro del colon-retto, dovuto alla pandemia di Covid-19, potrebbero avere sulla ritardata diagnosi di malattia e sull’aumento della mortalità.

Lo studio stima che ritardi nello screening di oltre 4-6 mesi aumenterebbero significativamente la diagnosi di casi più avanzati di cancro colorettale, e se i ritardi superassero i 12 mesi, sarebbe destinata ad aumentare anche la mortalità.

«Dall’inizio della pandemia, i programmi di screening del cancro del colon-retto sono stati sospesi per tutta la durata del lockdown, e la ripresa è stata particolarmente difficile con problemi organizzativi, logistici e di sensibilizzazione della popolazione  a cui lo screening è rivolto», spiega Luigi Ricciardiello, professore dell’Università di Bologna e coordinatore dello studio. «La pandemia ha avuto effetti negativi sugli screening non solo in Italia ma anche nel resto del mondo a causa di restrizioni alla circolazione o di riorganizzazione dei servizi sanitari per fare fronte all’emergenza. I risultati della nostra ricerca mostrano che questi ritardi possono portare a significative conseguenze negative sull’epidemiologia della malattia: è fondamentale mantenere prioritaria l’attività di screening del cancro colorettale da parte delle istituzioni».

Dopo i mesi di sospensione dovuti al lockdown, l’attività di screening è spesso ripresa in misura ridotta, ma in alcune realtà si sta cercando di trovare percorsi alternativi. «Qui a Bologna il programma di screening, in collaborazione con le associazioni delle farmacie, ha riorganizzato l’accesso al test del sangue occulto fecale facilitando l’adesione. Questa modalità evita l’accesso nelle strutture sanitarie e aumenta il numero dei punti di riconsegna», aggiunge Ricciardiello. «È necessario continuare a lavorare per aumentare ancora il numero degli utenti che aderiscono al programma».

«Mai come oggi la popolazione va sensibilizzata: negli ultimi quindici anni lo screening del cancro colorettale ha portato a una riduzione dell’incidenza e conseguentemente della mortalità grazie all’individuazione e rimozione delle lesioni premaligne o a cure tempestive di tumori in stadio precoce», dice Luigi Laghi, professore dell’Università di Parma, capo del Laboratorio di Gastroenterologia Molecolare dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas, Piattaforma congiunta con Università di Parma, e anch’egli coordinatore dello studio. «In Italia un’interruzione dello screening di due mesi comporta il mancato invio di circa un milione di inviti alla popolazione a rischio, con una parallela diminuzione del 50% del tasso di pick-up, e una conseguente perdita dei test positivi stimati del 5% tra chi risponde».

Pubblicato sulla rivista “Clinical Gastroenterology and Hepatology” con il titolo “Impact of SARS-CoV-2 pandemic on colorectal cancer screening delay: effect on stage shift and increased mortality”, lo studio è stato coordinato da Luigi Ricciardiello e Luigi Laghi, con la collaborazione delle statistiche Clarissa Ferrari e Michela Cameletti.

Lo studio è stato realizzato anche grazie al sostegno di Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro: i due ricercatori Luigi Ricciardiello e Luigi Laghi sono titolari di Investigator Grants AIRC quinquennali.