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La carenza/insufficienza di vitamina D è un problema molto diffuso a livello mondiale, non soltanto nella popolazione anziana, ma anche nei soggetti giovani e sani e nella popolazione attiva e, per tale motivo, rappresenta uno dei problemi emergenti e più diffusi della sanità pubblica. Le principali cause sono da ricondurre agli stili di vita, come la scarsa esposizione alla luce solare, con ridotta attivazione di vitamina D a livello della cute, e a un’alimentazione non corretta, oltre a diverse patologie come obesità e ipogonadismo.

La vitamina D è il principale ormone deputato alla regolazione del metabolismo del calcio e alla salute delle ossa, ma sempre più evidenze descrivono il ruolo della vitamina D nella regolazione del sistema immunitario, e pertanto un adeguato apporto di vitamina D può conferire un ruolo protettivo nei confronti delle malattie autoimmuni.

Crescenti dati di laboratorio mostrano come la vitamina D sia in grado di inibire la produzione di citochine che potenziano l’infiammazione e in modo indiretto di stimolare l’espressione di alcuni enzimi deputati allo “spegnimento” delle citochine infiammatorie. Allo stesso modo, la vitamina D agisce nella regolazione della funzione dei mitocondri, il motore energetico delle cellule, la cui alterazione concorre a determinare e a sostenere lo stress ossidativo. Il legame della vitamina D al suo recettore, quindi, determina un’inibizione della cascata pro-infiammatoria e promuove l’attivazione di una risposta immunitaria “corretta”. Tutto questo si traduce in un assetto virtuoso del sistema immunitario, con riduzione del rischio di patologie autoimmuni. Inoltre, si riduce il rischio di infezioni respiratorie di origine virale, contrastando il danno polmonare da iper-infiammazione. È interessante notare come soggetti con grave carenza di vitamina D che contraggono l’infezione da nuovo coronavirus hanno maggiori complicanze e rischio di morte; un adeguato apporto di vitamina D potrebbe invece contrastare il danno a livello polmonare causato dall’infezione.

La vitamina D è prodotta in larga parte a livello della cute grazie all’azione della luce solare e specificamente dei raggi ultravioletti e, in misura minore, è introdotta attraverso gli alimenti (quasi esclusivamente con i grassi animali); viene attivata nel fegato, nel rene e, nel sesso maschile, anche a livello dei testicoli.

La presenza di adeguate quantità di vitamina D nell’organismo viene valutata mediante la misurazione dei livelli circolanti di 25-idrossi-vitamina D, che è la principale vitamina D circolante e rappresenta la sua forma di accumulo. In base a una convenzione a livello internazionale, si parla di stato di insufficienza vitaminica quando i valori di 25-idrossi-vitamina D sono compresi tra 20 e 30 ng/ml e di carenza vitaminica per valori al di sotto di 20 ng/ml.

L’insufficienza/carenza di vitamina D può aggravare la perdita di massa ossea, tipica dell’età adulta e del periodo post-menopausa nelle donne, e aumentare di conseguenza il rischio di fratture ossee. 

Oltre alla nota azione benefica sull’osso, la vitamina D può agire anche in numerosi altri organi del corpo umano, e numerose evidenze suggeriscono un suo possibile ruolo nella prevenzione della sarcopenia, nella riduzione del rischio di molte patologie comuni, incluso il diabete mellito, nella protezione del cuore e del sistema vascolare, nel miglioramento del metabolismo del glucosio e nella protezione dello stress ossidativo che sono alla base della progressione delle malattie tumorali.

Sulle base di tutte queste osservazioni, è evidente che a qualsiasi età, e non soltanto in epoca post-menopausa e negli anziani, un adeguato apporto di vitamina D è estremamente importante per la conservazione della massa ossea e la prevenzione dell’osteoporosi. Allo stesso modo un’adeguata supplementazione, quando necessaria, può apportare effetti positivi sul sistema immunitario, sul metabolismo e sull’apparato cardiovascolare.