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Un team multidisciplinare che coinvolge 17 gruppi di ricerca – di base, traslazionale e clinici – dell’Università e Ospedale San Raffaele di Milano si è aggiudicato uno dei tre finanziamenti AIRC 5×1000, selezionati nell’ambito di un bando per programmi di ricerca sulla malattia metastatica. L’obiettivo del programma che sta per iniziare al San Raffaele è ambizioso: sviluppare terapie avanzate contro le metastasi al fegato da tumori del colon-retto e del pancreas.

Il maxi progetto, che durerà sette anni, mette insieme le migliori tecnologie e conoscenze nel campo della biologia molecolare, delle terapie cellulari e geniche e dell’immunoterapia ed è coordinato da Chiara Bonini, vice direttrice della Divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie Infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e professoressa all’Università Vita-Salute San Raffaele. I ricercatori partiranno dallo studio del microambiente creato dalle metastasi nel fegato – ancora poco conosciuto – e si muoveranno poi in due direzioni. La prima è istruire, attraverso tecniche di ingegneria genetica, i linfociti T per renderli più efficaci nel combattere le cellule metastatiche. La seconda è modificare il microambiente tumorale somministrando in modo mirato, direttamente nel fegato, delle molecole in grado di stimolare il sistema immunitario, senza così produrre tossici in tutto l’organismo. L’obiettivo finale è portare in sperimentazione clinica i risultati ottenuti in laboratorio.

Il primo passo del programma è comprendere al meglio il microambiente che si genera nel fegato e che permette alle metastasi di attecchire con successo e crescere. «Le terapie che vogliamo sviluppare andranno proprio ad agire in questo ambiente, per lo più sconosciuto», spiega Paolo Dellabona, direttore della Divisione di Immunologia Trapianti e Malattie Infettive, che coordinerà questa prima fase. «Ecco perché solo caratterizzandolo al meglio a livello molecolare e cellulare sarà possibile mettere a punto terapie efficaci». Il microambiente tumorale è infatti ricco di segnali che favoriscono le cellule tumorali e interferiscono con l’azione del sistema immunitario e dei farmaci.

Sulla base dei segnali così decodificati, i ricercatori del San Raffaele potranno lavorare a due approcci terapeutici complementari. Il primo prevede di ingegnerizzare i linfociti T per aiutarli a sopravvivere al microambiente tumorale del fegato, riconoscere le cellule metastatiche che provengono dal colon-retto e del pancreas ed eliminarle con successo. «Negli anni abbiamo imparato a ingegnerizzare le cellule del sistema immunitario, possiamo inserire o eliminare geni, possiamo modificare la specificità e il riconoscimento di particolari molecole. Useremo queste competenze per creare terapie cellulari capaci di eliminare il tumore e di persistere a lungo termine nei pazienti», spiega Chiara Bonini, ricordando che le strategie messe a punto verranno valutate anche in animali da laboratorio e che le più promettenti saranno scelte per le fasi successive nei pazienti.

Il secondo approccio verrà messo a punto sotto la guida di Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica e professore presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano: protagonisti saranno dei vettori genetici disegnati per esprimere selettivamente nella sede tumorale citochine, immunostimolatorie ovvero molecole segnale che promuovono l’attivazione del sistema immunitario e che costituiscono potenti armi nella lotta ai tumori. L’obiettivo è riprogrammare il microambiente tumorale del fegato attraverso l’uso di queste molecole, portate direttamente sul posto tramite l’uso dei vettori ingegnerizzati. «Somministrare citochine di questo tipo a livello sistemico, come si fa con la chemioterapia, porta con sé effetti collaterali importanti e per questa ragione abbiamo costruito speciali vettori che vengono intercettati solo dalle cellule del fegato e quindi possono consegnare in modo mirato le citochine» spiega Luigi Naldini.

Grazie alle informazioni emerse nel corso del programma, questi vettori potranno diventare ancora più specifici e puntare proprio alle cellule metastatiche, spianando la strada ad altre terapie da usare in combinazione.

L’obiettivo finale è portare per la prima volta in clinica i risultati ottenuti in laboratorio. «È un aspetto molto importante del programma e allo stesso tempo il più complesso» conclude Chiara Bonini, ricordando che il primo passo è definire quali siano le strategie più efficaci e sicure per il paziente. «Anche per questa parte di lavoro però possiamo contare su una grande esperienza e su una struttura adatta ad arrivare fino in fondo. Non dimentichiamo che il primo prodotto cellulare ingegnerizzato per patologie tumorali a essere approvato dall’Agenzia Europea per i Medicinali nasce proprio al San Raffaele».