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I meccanismi molecolari che determinano la resistenza del cancro al seno ai farmaci in uso clinico, come il tamoxifene, sono stati oggetto di uno studio pubblicato su “Scientific Reports”, coordinato da Alessandra Magistrato dell’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche di Trieste. L’utilizzo delle simulazioni al computer ha consentito al team di ricercatori di comprendere come le mutazioni degli estrogeni di tipo α siano responsabili dell’inefficacia dei trattamenti.
“Gli estrogeni, ormoni sessuali femminili, sono responsabili della crescita cellulare. Quando un estrogeno si lega al recettore ERα lo attiva, facendolo legare a tratti specifici del DNA, e innesca, di conseguenza, la produzione di RNA messaggero”, spiega Alessandra Magistrato. “In questo modo, gli estrogeni danno l’ordine alle cellule di crescere, svolgendo funzioni di fondamentale importanza tra cui lo sviluppo dei caratteri sessuali femminili, il ciclo mestruale, il rimodellamento delle ossa. Tuttavia, se prodotti in concentrazione troppo elevata, tali ormoni possono determinare una crescita cellulare innaturale e quindi indurre o peggiorare il cancro”.
Il tamoxifene è un farmaco utilizzato per ostacolare il cancro al seno. Legandosi al recettore ERα, il tamoxifene non solo impedisce che gli estrogeni vi si leghino, ma ne cambia anche la forma, impedendo la produzione di RNA messaggero e quindi l’attivazione del segnale di crescita cellulare. “Tuttavia le mutazioni somatiche del recettore ERα, che si verificano con elevata incidenza in pazienti con carcinoma mammario metastatico sottoposti a trattamenti medici prolungati, sono responsabili di fenomeni di resistenza ai farmaci in uso clinico”, aggiunge la ricercatrice.
Le simulazioni al computer possono essere utilizzate come microscopio che permette di seguire i movimenti di proteine e farmaci e di predire anche alcune importanti proprietà chimico-fisiche. “Gli studi condotti dal nostro team hanno rivelato che alcune mutazioni ricorrenti inducono cambiamenti strutturali nel recettore ERα, tali da renderlo attivo in assenza di estrogeni e in presenza di farmaci come il tamoxifene. Immaginando ERα come un interruttore, che normalmente si accende solo in presenza di estrogeni e si spegne in presenza di tamoxifene, le mutazioni rendono ERα sempre acceso, quindi attivo anche in presenza di farmaci antitumorali. Ciò, oltre a spiegare i motivi dell’inefficacia del tamoxifene, ha permesso di predire quali caratteristiche i nuovi farmaci dovrebbero avere per poter ‘spegnere l’interruttore’; cioè la forma e dimensione di molecole in grado di ostacolare i cambiamenti strutturali di ERa indotti dalle mutazioni. Tale conoscenza consentirebbe di impedire l’attivazione del recettore mutato e permetterebbe di combattere efficacemente i tipi di cancro al seno refrattari alle terapie comunemente utilizzate”, conclude Magistrato. I risultati forniscono pertanto informazioni importanti per lo sviluppo di terapie mirate a combattere le forme resistenti di cancro alla mammella e potrebbero in futuro consentire alla comunità scientifica e medica di compiere un passo avanti verso la ‘medicina di precisione’, calibrata sui profili genetici dei pazienti e sulla progressione della malattia. Lo studio è parte di un progetto finanziato ad Alessandra Magistrato dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro.