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I risultati concreti del progetto di ricerca Ultraplacad, finanziato dal fondo per la ricerca europea Horizon 2020 e coordinato dal consorzio interuniversitario italiano INBB che vi ha partecipato con le Università di Catania, il cui Dipartimento di Scienze Chimiche ne ha gestito il coordinamento scientifico, Firenze e di Parma segnano una nuova fase nella discussione che da alcuni anni orienta il tema della diagnosi precoce dei tumori.
Il progetto, finanziato con 6 milioni di euro e che ha visto la partecipazione di 13 soggetti di 7 Paesi europei fra università, centri di ricerca, aziende e un’ospedale, infatti, ha messo a punto una nuova metodica e un nuovo macchinario per lo svolgimento della cosiddetta biopsia liquida nel caso del tumore del colon retto, la seconda patologia per incidenza e mortalità d’Europa con una distribuzione dell’incidenza sostanzialmente equilibrata fra maschi e femmine. Anche in Italia questa particolare patologia risulta essere la seconda per incidenza con quasi 500mila casi.
Ultraplacad – una sigla che sta per Ultrasensitive Plasmonic Devices for Early Cancer Diagnosis – infatti ha permesso la costruzione di un nuovo macchinario di laboratorio fino ad oggi non presente sul mercato in grado di effettuare per la prima volta contemporaneamente l’analisi di due importanti elementi diagnostici e cioè le alterazioni del DNA e la presenza di determinate proteine che, circolando liberamente nel sangue, possono permettere una diagnosi con tempi ridotti, costi inferiori e assenza di disturbi per i pazienti rispetto al prelievo di campioni di tessuto.
Il professor Giuseppe Spoto del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Catania e coordinatore scientifico del progetto, nel presentarne oggi a Roma le conclusioni ha dichiarato “il nostro progetto si qualifica certamente per il suo valore scientifico e per l’innovatività dell’approccio che ha portato a costruire un prototipo industriale del macchinario di laboratorio pienamente funzionante con tutto il relativo sistema di accessori per il suo funzionamento, a partire da cartucce usa e getta per lo svolgimento dei test che modificano radicalmente approccio e costo di queste indagini”. “Ma – ha continuato il professor Spoto – credo che la qualità raggiunta sia figlia dell’approccio multidisciplinare e della ricca e differente composizione del team che ha permesso di avere sempre accesso alle migliori risorse e competenze possibili, in un’ottica pienamente europea da una parte e che non divide la fase della ricerca da quella successiva dell’industrializzazione e dell’applicazione su vasta scala”.
Il progetto, infatti, si avvia alla conclusione con un test trial del macchinario presso l’Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena di Roma, dove è stata organizzata una banca dati di campioni ematici di 54 pazienti, che ha già fornito una serie di indicazioni circa possibili piani di sfruttamento e applicazione su vasta scala di questa nuova tecnologia.
La metodica di analisi sviluppata da Ultraplacad, infatti, si caratterizza oltre che per il fatto di permettere un doppio screening aumentando così l’efficacia e l’affidabilità diagnostica, per non richiedere – a differenza di tutte le altre metodiche oggi in fase di sviluppo – il trattamento dei campioni per la loro cosiddetta amplificazione. Poiché infatti nel flusso sanguigno sono presenti solo tracce di DNA derivanti dal tumore, fino ad oggi è stato necessario trattare i campioni da biopsie liquide con diversi sistemi che li rendano più adatti a rispondere alle tecniche di estrazione e sequenziamento del DNA oggi utilizzate.
Nel caso di questo progetto, invece, la rivoluzione è l’utilizzo di nano tecnologie per la costruzione delle superfici in grado di generare effetti ottici molto intensi nel momento in cui si analizzano i derivati del sangue. In sostanza si modificano chimicamente delle superfici di materiali metallici con strutture di dimensioni nanometriche e con molecole in grado di riconoscere in modo selettivo molecole associate al tumore come DNA o proteine.
L’uso delle nanotecnologie e di processi di produzione d’avanguardia ha permesso, in particolare, di ingegnerizzare un sistema di cartucce usa e getta su cui sono tracciati degli spot molecolari sui quali depositare il sangue da analizzare. Il sistema cartucce si è dimostrato non solo efficace ed affidabile per la mancanza di trattamenti preventivi sui campioni ma anche rapido e compatto.
“Il progetto – ha concluso Giuseppe Spoto – lungi dal poter dire concluso il forte dibattitto che negli ultimi tre anni ha animato la comunità medica e scientifica consente però di dare un passo in avanti verso il vero passaggio che occorre valutare e cioè la trasformazione delle biopsie liquide da metodica di supporto in fase di diagnosi e valutazione rispetto alle tecniche chirurgiche a vera e propria tecnica di elezione in alcune patologie”. “Ultraplacad – gli fa ecco il dottor Pietro Ragni direttore del Consorzio INBB – mette a disposizione della comunità medico-scientifica un sistema economico, flessibile e già concepito con logica industriale che potrebbe essere utilizzato su campagne di test su vasta scala, condizione indispensabile per ogni scelta in campo medico”.
Seppur sviluppato specificamente per la diagnosi precoce del tumore del colon retto, la tecnologia sviluppata potrebbe essere declinata anche per lo screening di altre famiglie di patologie tumorali con un evidente beneficio in termini di tempi e di costi.