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La caratterizzazione molecolare dei tumori finalizzata alla selezione della terapia più adatta fra quelle disponibili è diventata un approccio fondamentale in campo oncologico. L’analisi di campioni prelevati dalla massa tumorale mediante biopsia non è l’unico strumento a disposizione per poterla effettuare, anzi, c’è una strada che appare sempre più percorribile: quella dello studio del Dna tumorale in circolo nel sangue, il cosiddetto ctDna.
A certificare le potenzialità di questo approccio – messo a disposizione con il programma HelidX da Bioscience Genomics, spin off dell’Università di Roma “Tor Vergata”, in partnership con l’Università di Basilea – è una review recentemente pubblicata sul “New England Journal of Medicine” da Ryan B. Corcoran e Bruce A. Chabner, esperti del Cancer Center del Massachusetts General Hospital e del Dipartimento di Medicina dell’Harvard Medical School di Boston, negli Stati Uniti. Analizzando le attuali e le possibili applicazioni future dell’analisi del cfDna Corcoran e Chabner sottolineano la sua affidabilità, la sua sicurezza e le sue potenzialità nel campo della medicina di precisione.
Cos’è il ctDna Il ctDna viene rilasciato nel torrente circolatorio in seguito alla morte delle cellule tumorali. Si tratta di frammenti di Dna a doppia elica lunghi approssimativamente 150-200 bp presenti in una percentuale molto variabile all’interno del cfDna nel sangue dei pazienti oncologici. Tale percentuale tende a rispecchiare il cosiddetto “carico tumorale”, un parametro che esprime la quantità di tumore nell’organismo.
Dall’analisi di Corcoran e Chabner è emerso che nell’80-90% dei casi l’analisi del cfDna permette di ottenere risultati in accordo con quelli dell’analisi dei tessuti tumorali, soprattutto quando vengono analizzati geni fondamentali per lo sviluppo del tumore. Anche l’analisi di grandi banche dati derivanti dal sequenziamento di cfDna ha prodotto risultati sovrapponibili a quella dei dati raccolti da iniziative di mappatura delle alterazioni genomiche associate ai tumori, come il Cancer Genome Atlas.
Il ctDna nella caratterizzazione molecolare dei tumori Anche se al momento la biopsia resta lo standard per la diagnosi patologica, secondo Corcoran e Chabner «l’analisi del cfDna può giocare un ruolo importante nell’analisi molecolare iniziale, soprattutto nei pazienti per cui le classiche biopsie forniscono materiale insufficiente per poter procedere al sequenziamento clinico». Un caso non raro, quest’ultimo: può accadere, infatti, anche nel 20-25% delle agobiopsie. Inoltre, «la natura mini-invasiva dell’analisi del cfDna mette a disposizione uno strumento per la caratterizzazione molecolare di tumori per cui è difficile o non sicuro ottenere una biopsia, e un metodo pratico per monitorare ripetutamente il Dna del tumore senza i rischi e le possibili complicazioni delle classiche biopsie».
Fra le caratteristiche del cfDna che rendono la sua analisi un interessante strumento per il monitoraggio del tumore è inclusa la sua breve emivita; aggirandosi attorno a 1 ora consente di misurare in tempo reale anche il carico tumorale in risposta a una terapia. Al contrario, molti dei marcatori attualmente in uso hanno emivite variabili da giorni a settimane; per di più a volte sono anche poco sensibili e poco specifici, mentre le alterazioni originariamente presenti nel tumore sono specifiche per il singolo paziente e possono essere monitorate all’interno del cfDna con una sensibilità elevata. «Alcuni studi suggeriscono che i cambiamenti nel ctDNA possano predire la risposta ai trattamenti meglio dei classici marcatori tumorali. Per di più, un aumento dei livelli di ctDna può precedere la progressione radiografica di settimane o mesi».
L’analisi del cfDNA è ormai diventata anche uno strumento efficace per la rilevazione e l’identificazione precoce di alterazioni molecolari che portano alla resistenza alle terapie e che possono essere bersagliate con trattamenti di nuova generazione. Da questo punto di vista, spiegano gli autori della review, «un vantaggio fondamentale è la capacità di identificare l’eterogeneità molecolare associata alla resistenza. Bersagliare un singolo meccanismo di resistenza sulla base dei risultati di una singola biopsia può portare a risposte cliniche miste a causa della crescita di distinti subcloni resistenti non inclusi nel campione bioptico». In 2 casi su 3, invece, l’analisi del cfDNA può identificare alterazioni non emerse da una singola biopsia. Anche per questo secondo Corcoran e Chabner «l’integrazione dell’analisi del cfDNA in tempo reale negli studi clinici ed eventualmente nella pratica clinica standard ha il potenziale di diventare un valido strumento per una medicina di precisione».
Purtroppo la quantità di ctDna presente nel sangue è molto variabile sia fra pazienti con diverse forme tumorali sia fra pazienti con lo stesso tipo di tumore. Proprio a causa di questa estrema variabilità solo metodi ultrasensibili permettono di rilevare mutazioni, variazioni del numero di copie di una sequenza di Dna o altre alterazioni presenti nel ctDna con una frequenza allelica molto bassa. «HelidX consente di individuare variazioni all’interno del cfDNA fino allo 0,1% di frequenza allelica», spiega Luigi Terracciano, Primario del Laboratorio di Patologia Molecolare  dell’Università di Basilea, «permettendo non solo il monitoraggio di mutazioni già conosciute da precedenti analisi molecolari ma anche l’identificazione di mutazioni “de novo” importanti per eventuali meccanismi di resistenza alle terapie antitumorali ed in generale per una migliore stratificazione terapeutica».
«Le terapie tradizionali per i tumori sono basate su approcci universali che non tengono conto della variabilità individuale dei pazienti», sottolinea il Professor Giuseppe Novelli, Genetista e Rettore dell’Università di Roma “Tor Vergata”. «Nell’era della medicina di precisione è necessario fornire il farmaco giusto alla giusta persona nel momento giusto. Le nuove metodiche di biopsia liquida mettono a disposizione dei clinici, in modo rapido e accurato, lo strumento necessario per questo scopo».
Il test sfrutta l’analisi altamente sensibile dell’Ion Torrent OncominePan Cancer Cell-Free Nucleic Acid Assay. Le variazioni analizzate sono le principali mutazioni, alterazioni quantitative e fusioni geniche bersaglio di farmaci indicati nelle linee guida internazionali. «HelidX», conclude Terracciano, «fornisce un profilo molecolare con cui valutare l’evoluzione del tumore, individuare mutazioni driver del cancro o indagare la presenza di varianti che inducono resistenza ai farmaci, e rappresenta un valido supporto per gli oncologi nella scelta del trattamento».