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La forza di gravità è una componente essenziale dell’ambiente terrestre e, nonostante sia di per sé debolissima rispetto alle interazioni elettromagnetiche che governano le reazioni chimiche alla base della vita, essa esercita una forte influenza anche a livello cellulare.

In un nuovo studio nato dalla collaborazione tra quattro dipartimenti della Sapienza, l’Università̀ degli studi della Campania Luigi Vanvitelli e l’Istituto superiore di sanità, è stato osservato cosa accade alle cellule in coltura in condizione di assenza di gravità simulata.

I risultati del lavoro, pubblicati sulla rivista Nature PJ Microgravity, hanno dimostrato che la perdita della forza di gravità, universalmente presente durante l’evoluzione degli organismi, ha un effetto sulla struttura delle cellule – la quale risulta immediatamente alterata – ma non è in grado di modificarne l’identità genetica.

Per effettuare tali osservazioni il team di ricercatori ha utilizzato una strumentazione altamente innovativa e sofisticata, la Random Positioning Machine-RPM, che ha permesso di simulare in laboratorio la microgravità emulando la condizione che sarebbe possibile ottenere solo effettuando esperimenti sulla stazione spaziale orbitante.

La microgravità è una condizione particolare nella quale un sistema è soggetto a un campo gravitazionale di bassissimo valore e viene studiata in diversi settori scientifici e tecnologici per evidenziare fenomenologie che sulla Terra sono mascherate dagli effetti dell’elevato campo gravitazionale.

In ricerca medica è noto che la microgravità sia in grado di perturbare meccanismi fondamentali dei processi biologici e pertanto tali studi vengono utilizzati sia per indagare gli effetti della permanenza nello spazio sugli astronauti, sia per individuare meccanismi coinvolti nelle patologie “terrestri”.

Nello specifico, il gruppo di ricerca coordinato da Mariano Bizzarri del Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza e composto da Elisabetta Ferretti, Agnese Po, Alessandro Giuliani, Maria Grazia Masiello, Alessandra Cucina, Angela Catizone, Giulia Ricci, Martina Chiacchiarini e Marco Tafani, ha osservato le cellule tumorali della mammella e il loro comportamento in condizione di assenza di gravità.

“Abbiamo immediatamente notato – spiega Bizzarri – un cambiamento nel fenotipo delle cellule, le quali si sono separate in due popolazioni dall’aspetto completamente diverso. Ma una volta che il sistema cellulare è tornato nella condizione di gravità normale, i cambiamenti provocati sono spariti, dimostrando come tali variazioni siano transitorie e di impatto limitato sull’identità del sistema cellulare”.

Il team ha utilizzato metodi matematici e statistici per analizzare le variazioni nell’espressione genica delle diverse popolazioni: l’approccio basato sulla trigonometria ha permesso di considerare i differenti profili genetici come punti di traiettorie in uno spazio angolare e le posizioni occupate al suo interno dai diversi sistemi cellulari come i possibili nuovi stati a cui “adattarsi”. Lo studio ha dimostrato così come uno stesso genotipo, in assenza del vincolo della gravità, possa dare luogo a fenotipi diversi, espressione degli adattamenti ottenuti recuperando gradi di libertà.

“Sebbene dunque non cambi il genotipo – spiega Elisabetta Ferretti del Dipartimento di Medicina sperimentale – emergono due tipi cellulari diversissimi quanto a forma e motilità. In particolare, il fatto che alcune caratteristiche prominenti dei tumori, come l’elevata invasività e la capacità di migrazione, vengono a essere annullate in microgravità, il modello permette di inferire che altrettanto possa essere realizzato su “terra” se il microambiente fisico delle cellule tumorali fosse convenientemente trattato. Questo risultato dimostra come la biofisica del cancro possa rivelarsi utile nel costruire una diversa strategia terapeutica puntando a modificare il microambiente prima ancora delle cellule stesse. In secondo luogo, il fatto che l’assenza di gravità interferisca con la normale replicazione e differenziazione cellulare, solleva gravi interrogativi circa la possibilità di un normale sviluppo embrionale nello spazio”.