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Oggi si è svolta l’undicesima edizione del Forum Meridiano Sanità durante il quale è stato presentato il Rapporto Meridiano Sanità, elaborato da The European House-Ambrosetti.
Il Meridiano Sanità Index – elaborato da The European House – Ambrosetti e giunto alla sua terza rilevazione -mostra come il Paese manifesta un sensibile ritardo dalla media europea sul fronte dell’efficienza e appropriatezza dell’offerta sanitaria e sul fronte della capacità di risposta del sistema sanitario ai bisogni di salute. Sul fronte della qualità dell’offerta sanitaria siamo in linea con l’Europa mentre sul fronte dello stato di salute mostriamo performance migliori della media europea.
Si spende una quota inferiore rispetto al PIL (6,9% del PIL rispetto a una media europea del 7,4%1) e la spesa media per abitante è molto più bassa (2.951 euro rispetto a una media di 3.774 euro).
A fronte della performance media dell’Italia nel confronto europeo, si registrano forti difformità a livello regionale. Il Meridiano Sanità Regional Index mostra che ci sono aree di indagine in cui le disomogeneità regionali sono più accentuate che in altre. L’Emilia Romagna (7,2) e la Lombardia (7) occupano le prime 2 posizioni. Seguono Trentino Alto Adige e Toscana con un punteggio pari rispettivamente a 6,9 e 6,7. Le Regioni del Sud ottengono valori inferiori alla media nazionale.
Mettendo in relazione le performance dei sistemi sanitari regionali con il relativo livello di spesa sanitaria, pubblica e privata, emerge una relazione positiva tra le due grandezze:
Le Regioni con le performance migliori sono anche caratterizzate da un livello di spesa maggiore e ricchezza maggiore.
Dal punto di vista dello stato di salute, anche se l’Italia si posiziona ancora tra i primi posti in Europa, si evidenziano alcuni campanelli d’allarme. Nel 2015 per la prima volta in 10 anni è diminuita la speranza di vita alla nascita, il tasso di mortalità è stato il più alto dal dopoguerra ad oggi e, inoltre, continuano a calare gli anni vissuti in buona salute.
In aggiunta al fenomeno dell’invecchiamento demografico, oggi l’Italia deve affrontare altre importanti sfide per la salute delle persone.
La sfida di gran lunga più importante per i sistemi sanitari e sociali è quella delle patologie croniche che rendono necessaria una specificità di organizzazione e un impegno di risorse molto importanti.
Oggi il 38% della popolazione ha almeno una patologia cronica, valore che sale a 74,8% nella popolazione tra i 65 e i 74 anni e supera l’85% negli over 75.
Aumentano i fattori di rischio delle patologie croniche sia tra i bambini che tra gli adulti. Diversi fattori di rischio concorrono all’insorgenza di patologie croniche. Se si esclude l’età e l’ereditarietà si può agire su tanti altri aspetti: alimentazione, attività fisica,
consumo di tabacco i quali, a loro volta, influiscono su altri fattori di rischio intermedi.
Tra le principali malattie croniche figurano l’Alzheimer, le cardiopatie ischemiche, i disturbi respiratori cronici, il diabete e i tumori. Queste patologie si configurano come quelle a più alto impatto per il sistema perché caratterizzate oggi dai maggiori tassi di mortalità, numero di anni di vita sana perduti per disabilità e costi socio-sanitari ad essa associati.
Nel 2030, in Italia:
‒ Le cardiopatie ischemiche saranno ancora la prima causa di morte e la seconda per anni di vita sana perduti per disabilità.
‒ La prevalenza del diabete raddoppierà (da 3,3 a 6,1 milioni di persone) e la mortalità aumenterà del 35%.
‒ Moriranno di Alzheimer 87 mila persone (+28% rispetto a oggi) e i costi socio-sanitari passeranno da 6 a 12 miliardi di euro.
‒ Ci saranno circa 5 milioni di persone con una diagnosi di tumore, con un aumento di sopravvivenza che supererà il 60% e la conseguente cronicizzazione della malattia.

Nel 2015 la copertura nazionale media per le vaccinazioni contro poliomielite, tetano, difterite, epatite B pertosse e Haemophilus influenzae è stata del 93,4%; con un decremento di 1,3 punti percentuali rispetto al 2014 e di quasi 3 punti percentuali rispetto al 2011. Particolarmente preoccupanti sono i dati di copertura vaccinale per morbillo e rosolia che hanno perso 5 punti percentuali dal 2011 al 2015, passando dal 90,1% all’85,3%. Anche sul fronte delle coperture dei programmi di vaccinazione per anziani contro l’influenza, l’Italia ha registrato negli ultimi anni un drammatico calo. Nella stagione influenzale 2014-2015 la copertura registrata è stata la più bassa verificatasi negli ultimi 10 anni (48,6%), pari ad un calo di 6,8 punti percentuali rispetto alla stagione precedente. La stagione 2015-2016 mostra un lieve aumento, che porta il dato a 49,9%, ancora molto lontano dai livelli raggiunti negli anni precedenti e ancor più da quelli raccomandati (75%).
L’Italia è uno dei Paesi europei con il più alto tasso di utilizzo di antibiotici sia in ambito ospedaliero che extra ospedaliero e inoltre è il Paese europeo con il più alto livello di disinformazione. Queste sono alcune delle cause che portano l’Italia ad essere tra i Paesi europei con il maggior livello di resistenza agli antibiotici.