Print Friendly, PDF & Email

Le ricerche, in fase di pubblicazione, di un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Fisica dell’Università degli studi di Bari e della locale sezione dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare hanno destato interesse anche nella stampa internazionale scientifico-divulgativa come la rivista New Scientist. I ricercatori hanno utilizzato immagini di risonanza magnetica per identificare alterazioni nel cervello che permetterebbero di prevedere l’insorgere della malattia di Alzheimer con una decade di anticipo. L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che conduce alla demenza e alla perdita di memoria e funzioni cognitive. Non è ancora possibile effettuare una diagnosi in vivo della malattia, così i progressi per cercarne una cura avanzano con difficoltà.
Il gruppo di ricerca composta da Nicola Amoroso, Marianna La Rocca, Stefania Bruno, Tommaso Maggipinto, Alfonso Monaco, Roberto Bellotti e Sabina Tangaro ha progettato e sviluppato un sistema di intelligenza artificiale in grado di rivelare automaticamente segni precoci della malattia nelle immagini cerebrali di oltre 200 soggetti. In particolare, le loro analisi hanno consentito di rivelare l’insorgenza della malattia in una speciale classe di soggetti affetti da quello che in gergo clinico è detto “lieve indebolimento cognitivo”, una condizione che può manifestarsi anche un decennio prima della patologia, con un’accuratezza dell’84%.
I fisici dell’Università di Bari e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare hanno intrapreso da vari anni un percorso di ricerca inter-disciplinare che cerca di applicare le strategie di analisi tipiche dei big data all’ambito clinico diagnostico; già tre anni fa si erano infatti resi protagonisti della vittoria di una competizione internazionale organizzata dalla Harvard Medical School per l’uso di sistemi di machine learning per la diagnosi precoce della Schizofrenia.
Queste analisi sono molto complesse e richiedono infrastrutture di calcolo e conoscenze tecnologiche di frontiera, il centro calcolo ReCaS ha rivestito un ruolo strategico per lo svolgimento delle analisi e l’ottenimento di questi risultati.
La ricerca ha da subito suscitato interesse in ambito clinico e accademico. Il professore di Neuroscienze Patrick Hof della Icahan School of Medicine della Mount Sinai di New York si è detto molto interessato a questi risultati. Un metodo che consenta di diagnosticare l’Alzheimer con dieci anni di anticipo avrebbe un “valore incredibile” affinché nuove prospettive terapeutiche possano emergere.