Print Friendly, PDF & Email

Ogni anno, in Italia, circa 50.000 persone vengono colpite da arresto cardiaco improvviso, un’aritmia maligna che può diventare letale se non si interviene tempestivamente con un defibrillatoreper ripristinare il normale ritmo del cuore. Di morte cardiaca improvvisa, e delle sue implicazioni scientifiche e mediche, si parlerà a Firenze il 13 e 14 febbraio all’Auditorium al Duomo, in un importante incontro “multidisciplinare” che metterà a confronto cardiologi, internisti, medici dell’urgenza, infermieri professionali e ricercatori di base, operatori della Sanità che ogni giorno, spesso in emergenza, sono chiamati ad affrontare il problema.

Nella due giorni fiorentina, dal titolo “Morte cardiaca improvvisa, dalla scienza di base alla prevenzione multidisciplinare”, verranno affrontati tutti gli aspetti attraverso discipline precliniche e cliniche e analizzate le soluzioni terapeutiche che la scienza moderna mette oggi a disposizione, dai nuovi farmaci ai dispositivi medici, senza trascurare gli aspetti bioetici, psicologici e antropologici intrinsecamente legati al tema. Ricordando, in proposito, la grande eco mediatica registrata da tragici episodi in ambito sportivo, basti pensare al calciatore Piermario Morosini o al campione di pallavolo Vigor Bovolenta, i cui  nomi sono tristemente associati alle “morti in campo”.

Nella maggior parte dei casi, la morte cardiaca improvvisa va ricondotta a una malattia cardiaca preesistente nei pazienti over 40 anni, e a condizioni genetiche come cardiomiopatie o canalopatie nel pazienti più giovani.

Commenta, in proposito, il professor IACOPO OLIVOTTO, Responsabile Scientifico del convegno e Responsabile della Unit Cardiomiopatie dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi: “La rete di professionisti che si occupa di morte improvvisa è composta dalle figure più varie: chi si occupa del “prima”, cioè della prevenzione, chi del “durante”, come i medici del 118 e del Pronto Soccorso, e chi del “dopo”, come i cardiologi, i patologi e i genetisti che devono arrivare ad una diagnosi di certezza, gli specialisti di device come i defibrillatori, gli psicologi e gli specialisti di bioetica.  Questo convegno intende far dialogare tra loro tutte queste figure che spesso operano in modo separato e distinto, con limitato scambio di competenze ed esperienze. Solo da una vera integrazione di discipline così diverse potrà originarsi una risposta organica, integrata ed efficiente al problema dell’arresto cardiaco e della morte improvvisa”.

Fra le soluzioni terapeutiche più innovative, di cui si parlerà a Firenze, vanno menzionati i defibrillatori impiantabili, oggi presenti nella versione con elettrocateteri transvenosi oppure in quella, recentissima, sottocutanea, dove il dispositivo viene impiantato sotto la pelle senza toccare né il cuore né i vasi sanguigni. Il “Subcutaneous Implantable Cardioverter Defibrillator S-ICD, ha ottenuto il marchio CE e l’approvazione della FDA ed è, attualmente, l’unico dispositivo che funziona senza coinvolgere il cuore e l’apparato sanguigno. Ne potrebbero beneficiare, in modo significativo, molte persone che soffrono di anomalie elettriche primitive del cuore (canalopatie), oppure di malattie del miocardio (cardiomiopatie).

Ne parlerà, nel suo intervento dal titolo “Defibrillatori impiantabili: endocavitario e sottocutaneo” il dottor  PAOLO PIERAGNOLI, Direttore della Aritmologia di Careggi. I vantaggi dei defibrillatori sottocutanei, rispetto ai dispositivi impiantabili tradizionali si riferiscono soprattutto all’assenza di rischi derivanti dall’inserimento dei cateteri transvenosi; si aggiunga un aspetto solo apparentemente marginale e cioè la bassa invasività della procedura anche sotto il profilo estetico, un fattore che la rende particolarmente apprezzata dai pazienti giovani.

Infine, un aspetto cruciale delle tecnologie contro la morte cardiaca improvvisa , di cui si parlerà anche a Firenze, riguarda la longevità dei dispositivi medici impiantabili, assicurata da batterie di lunga durata al fine di ridurre al minimo gli interventi di sostituzione. I defibrillatori sottocutanei S-ICD hanno una durata di circa 6 anni, per un utilizzo costante e regolare. Si tratta di un aspetto di formidabile rassicurazione non solo per i medici, ma per gli stessi pazienti che per il 73% si dicono “preoccupati” della durata del proprio dispositivo. Si aggiunga che le possibili complicanze, legate alle procedure di estrazione e reimpianto, hanno un costo elevato dal punto di vista medico e psicologico, oltre che prettamente economico. Vanno considerati, infatti, la degenza in ospedale e il costo dei trattamenti destinati a scongiurare eventuali infezioni, costo che incide per il 40% sull’importo totale della sostituzione. La notevole durata dei defibrillatori sottocutanei genera, pertanto, non solo benefici per la salute, ma la riduzione di 1/3 dei costi sostenuti per l’impianto di dispositivi transvenosi “tradizionali”.