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I tessuti biologici sono come enormi puzzle: sono fatti da milioni di cellule, di decine e centinaia di tipi diversi. Fino a oggi è stato possibile conoscere la loro composizione ma non la loro struttura, un po’ come se di un puzzle conoscessimo solo, in modo approssimativo, il tipo di pezzi che lo compongono, ma non sapessimo come metterli uno accanto all’altro. Da oggi tutto questo potrebbe cambiare, grazie al lavoro dei ricercatori del gruppo di Matteo Iannacone, a capo dell’Unità Dinamica delle risposte immunitarie presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele – una delle 18 strutture d’eccellenza del Gruppo ospedaliero San Donato – in collaborazione con il gruppo di Ido Amit del Weizmann Institute for Science, in Israele.
I due scienziati – conosciutisi quando entrambi lavoravano a Boston – hanno infatti messo insieme le rispettive expertise per ideare una potente e innovativa tecnica per lo studio dei tessuti biologici. Combinando la microscopia intravitale di Iannacone – grazie a cui si può seguire il movimento delle cellule in azione negli organi – con l’analisi dell’espressione genica – la carta d’identità di una cellula – sarà ora possibile ricostruire la struttura di un tessuto con una precisione al livello della singola cellula. La scoperta, pubblicata sulle pagine di Science e possibile grazie al sostegno dello European Research Council, dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, dell’Armenise-Harvard Foundation, del Ministero della Salute e della Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica, promette di rivoluzionare il modo di fare ricerca in moltissimi campi biomedici.
La ricerca nasce dall’interesse del gruppo di Matteo Iannacone per lo studio della dinamica delle risposte immunitarie: le cellule che fanno parte del sistema immunitario si muovono nell’organismo e reagiscono in modo specifico in base a seconda del tessuto in cui si trovano, dal quale ricevono costantemente segnali biochimici; ecco perché per capire il comportamento del sistema immunitario è essenziale conoscere perfettamente il tessuto in cui si trova ad agire, ovvero quali tipi di cellule lo compongono.
Questo viene solitamente fatto analizzando la loro espressione genica. Se il DNA delle cellule di uno stesso organismo è infatti lo stesso indipendentemente dal tipo di cellula, diversi tipi di cellule – per esempio cellule nervose e cellule epiteliali – utilizzano in modo diverso questo stesso DNA, traducendo in quantità diverse geni differenti. I ricercatori sono in grado di svelare quali parti di DNA vengono utilizzate, e quindi di quale tipo di cellula si tratti, andando a misurare i prodotti del processo di trascrizione dei geni in RNA. Fino a oggi questo sequenziamento necessitava però l’impiego del tessuto per intero, che perdeva quindi la sua struttura e le informazioni sulla disposizione spaziale delle cellule. Si poteva in altre parole conoscere quante cellule e di quale tipo si trovavano nel tessuto, ma perdendo informazioni sulla loro posizione. Non solo, ma cellule poco frequenti, anche se posizionate tutte insieme in un punto specifico del tessuto, dove magari svolgono una funzione importante, finivano per risultare pressoché invisibili al processo di analisi.
Matteo Iannacone e Ido Amit hanno pensato di utilizzare un marker fluorescente per riconoscere specifiche cellule all’interno di un tessuto, tracciarne la posizione con estrema precisione con l’ausilio della microscopia intravitale e poi analizzarne il profilo di espressione genica grazie a una tecnologia di sequenziamento di ultima generazione, in grado di funzionare su un gruppo di cellule anche piccolo formato da poche dozzine di elementi.