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Il medulloblastoma è il più diffuso tumore cerebrale dell’infanzia e, nonostante l’accettabile tasso di sopravvivenza, la tossicità dei trattamenti oggi in uso, in particolare la radioterapia, lasciano nei pazienti danni gravi, tra cui disturbi cognitivi permanenti e neoplasie secondarie. Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma mettendo a profitto l’esperienza derivata da un decennio di studi sullo sviluppo dei neuroni nel cervello e nel cervelletto, ha dimostrato in vivo che dopo il trattamento con la proteina Cxcl3, anche se il tumore ha già iniziato a svilupparsi, il medulloblastoma non si forma più o scompare completamente. Lo studio è pubblicato su Frontiers in Pharmacology.
La peculiarità di questo studio è la procedura totalmente diversa da quelle in uso, che si basano sul blocco della proliferazione dei precursori cerebellari neoplastici mediante sostanze tossiche. “Il nostro approccio sfrutta invece la plasticità residua del precursore cerebellare neoplastico, in quanto Cxcl3 ne forza la migrazione al di fuori della zona proliferativa del cervelletto verso la parte interna, dove i precursori neoplastici differenziano, uscendo definitivamente dal programma di sviluppo del tumore”, precisa il ricercatore.
Si sta ora studiando l’applicabilità nell’uomo di questo trattamento, che è stato brevettato dal Cnr.
Questa ricerca è stata finanziata con una borsa di studio della Fondazione italiana per la ricerca sul cancro assegnata a Manuela Ceccarelli nel 2014 e dal progetto Fare Bio del Ministero dello sviluppo economico assegnato a Felice Tirone.

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