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Una diagnosi specifica per ciascuna delle circa 8.000 malattie monogeniche ereditarie conosciute. Non è fantascienza, ma quanto ha sviluppato il centro di Medicina della riproduzione ProCrea di Lugano. Attraverso il proprio laboratorio di genetica molecolare ProcreaLab, ha accreditato una metodica per l’analisi di studio familiare in grado di intervenire anche nei casi estremamente rari, per evitare che i genitori possano trasmettere la malattia di cui sono portatori sani ai loro figli.
«Parliamo non solamente di patologie come fibrosi cistica, sindrome dell’X fragile o talassemia, che sono tra le malattie monogeniche più diffuse, ma anche – e soprattutto – di malattie che hanno un’incidenza ancora più rara come possono essere Sindrome di Gaucher, atrofia del nervo ottico, malattia di Kennedy e Duchenne, neurofibromatosi, paraganglioma e difetto di Cobalamina C, solo per citarne alcune. Sono tutte malattie monogeniche ereditarie, fortemente invalidanti che in alcuni casi possono portare anche al decesso», spiega la dottoressa Giuditta Filippini (nella foto), direttore del laboratorio ProcreaLab.
Anche se definite come rare, le malattie monogeniche interessano in Italia quasi due milioni di persone, il 70 per cento sono bambini in età pediatrica, con circa 19mila nuovi casi ogni anno. Le circa 8.000 malattie monogeniche indicate dal catalogo OMIM – Online Mendelian Inheritance in Man -, sono responsabili del 18% dei ricoveri pediatrici e del 20% della mortalità infantile.
Procrea, che da anni conduce un’intensa attività clinica e di ricerca in ambito genetico e vanta l’unico laboratorio tra Svizzera e Italia ad aver accreditato secondo la norma internazionale 15189 il processo di analisi per l’intera diagnosi preimpianto delle malattie monogeniche, ha avuto casi di patologie estremamente rare. «Circa una coppia ogni dieci tra quante si rivolgono al nostro centro presenta una situazione di questo tipo», continua la dottoressa Giuditta Filippini. «Questo perché la specializzazione raggiunta ci permette di intervenire per evitare che i figli possano riportare la stessa malattia riscontrata nei genitori». Nella maggior parte dei casi le coppie che si presentano in ProCrea hanno un vissuto molto particolare: a loro la malattia è già stata diagnosticata perché hanno avuto un figlio con la stessa malattia o hanno dovuto affrontare un aborto terapeutico. «Sono situazioni non semplici che gli stessi genitori non vogliono più affrontare», aggiunge. «Identificata la mutazione genetica che provoca la patologia, con il nostro lavoro arriviamo impiantare attraverso un percorso di fecondazione assistita solamente l’embrione sano, quello che non riporta la medesima mutazione».
Il protocollo indicato da ProCrea prevede il primo colloquio della coppia con il ginecologo e con il genetista. «È un momento fondamentale: verifichiamo con la coppia la presenza tra i parenti della medesima malattia per arrivare ad un setup familiare», prosegue il direttore di ProcreaLab. «Quindi procediamo con la raccolta dei campioni di Dna della coppia e di eventuali familiari attraverso una normale prelievo di sangue. Questo ci permette di preparare l’analisi specifica da fare per il singolo caso. Si tratta di una procedura particolarmente complessa che richiede dai 2 ai 3 mesi di tempo. Quindi la coppia può iniziare in percorso di fecondazione assistita e l’analisi sviluppata servirà per individuare l’embrione sano. È un protocollo che viene attivato nei soli casi di una diagnosi precisa della malattia specifica».

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