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L’obesità è un serio problema di salute e un importante fattore di rischio per molte malattie cardiovascolari, soprattutto nei paesi sviluppati. Alcuni studi ipotizzano che la sua origine possa essere genetica ma, al momento, questa spiegazione sembra essere applicabile solo al 5% dei casi più gravi di obesità. Il contributo genetico, infatti, non consente di spiegare la maggior parte delle variazioni individuali dell’indice di massa corporea. Variazioni che sarebbero quindi da attribuire a fattori ambientali e allo stile di vita delle persone. I dubbi rimangono, però, e l’effettiva importanza del background genetico non è ancora chiara.
“In uno studio precedente avevamo identificato una serie di 38 geni la cui attivazione è correlata con diverse caratteristiche associate all’obesità: infiammazioni, cancro, disturbi della riproduzione e dell’umore”, spiega Francesc Font-Clos, ricercatore al CC&B e autore principale dello studio. “Abbiamo quindi cercato di capire se questa sorta di firma genetica potesse aiutarci a indagare il ruolo che i nostri geni giocano nello sviluppo dell’obesità”.
Font-Clos e i suoi colleghi hanno raffrontato la loro lista di geni con quelle che altri studi hanno associato alle variazioni dell’indice di massa corporea. Il confronto – realizzato grazie a un algoritmo sviluppato in precedenza al CC&B, che consente di aumentare l’efficacia di simili analisi comparative – è stato effettuato su più di seicento campioni provenienti da un database britannico di gemelli. Lo studio di coppie di gemelli con diversi indici di massa corporea, infatti, è un’ottima opportunità per studiare la relazione fra il background genetico e l’obesità.

I risultati delle analisi hanno rivelato che la firma genetica dell’obesità, identificata in un precedente lavoro, è correlata sia all’indice di massa corporea sia alla massa grassa. In particolare, i ricercatori del CC&B hanno scoperto che nei gemelli monozigoti le differenze nell’attivazione di questa firma genetica non sono dovute al loro genoma, che è identico, ma alle variazioni nella massa corporea. Il che significa che non è il genoma a provocare l’insorgenza dell’obesità ma che è quest’ultima – provocata da fattori ambientali e stili di vita – ad attivare alcuni geni a loro volta implicati in processi come l’infiammazione o i disturbi dell’umore.
“I nostri risultati dimostrano che l’ambiente ha un ruolo più importante del genoma nello sviluppo dell’obesità”, commenta Caterina La Porta, professoressa di patologia generale al Dipartimento di scienze e politiche ambientali dell’Università di Milano e coordinatrice di questa ricerca. “Non si diventa obesi perché si ereditano alcuni geni sfortunati. Non è questione di sfortuna ma di condizioni che possono essere cambiate. Per questo è importante studiare l’obesità in un contesto più ampio, che includa sia fattori interni che esterni, e le loro interazioni reciproche.”

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