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In un evento dedicato alla stampa di settore e a tutti gli stakeholder è stato presentato a Milano lo scorso 22 aprile dalla Società Italiana di Cardiologia Invasiva (GISE) il Rapporto “Rete IMA Web 2”, la seconda rilevazione nazionale sullo stato di attuazione delle reti territoriali per il trattamento dell’infarto miocardico acuto. Dal rapporto si rileva che il 95% della popolazione italiana è coperta dalla Rete. Alla procedura salvavita di riperfusione coronarica mediante angioplastica primaria (riapertura “meccanica” del vaso e impiego dello stent) si ricorre nel 64,7% dei casi, mentre era praticata in poco più di un terzo nel 2008. Con riferimento al precedente Rapporto “Rete IMA Web 1” del 2007-2008 è inoltre raddoppiato, passando dal 42,6% al 79,6%, il numero di pazienti con infarto diagnosticato sul territorio che vengono inviati ai laboratori di emodinamica, senza transitare dal pronto soccorso, procedura che ha come conseguenza un importantissimo accorciamento dei tempi di intervento. Molto positivo, in continuo progresso e con margini di ulteriore miglioramento, questo è il quadro dell’assistenza alle persone colpite da infarto cardiaco in Italia, che è stato fotografato dalla Società Italiana di Cardiologia Invasiva (GISE) nel Rapporto del progetto “Rete IMA web 2” presentato a Milano. “È stato ampiamente dimostrato come il modo migliore per salvare la vita di una persona colpita da infarto del miocardio, oltre a ridurre il rischio di un altro infarto, di emorragie intracraniche e ischemie ricorrenti, sia intervenire entro 90 minuti dal primo contatto medico con una riperfusione meccanica mediante angioplastica coronarica primaria, in termini più semplici riaprire l’arteria con un catetere con palloncino e con l’impianto di uno stent”, ha illustrato Sergio Berti, Presidente GISE. “Ridurre il tempo di intervento vuol dire ridurre la mortalità, in questo caso il tempo è vita. Perché ciò avvenga, è necessario porre in essere una rete e un lavoro di squadra tra chi riceve la segnalazione dell’evento cardiaco, il 118, la rete ospedaliera dei pronto soccorso, delle cardiologie e dei laboratori di emodinamica, che devono interagire tempestivamente e rapidamente tra loro”. Al fine di valutare il livello e la diffusione delle reti per l’assistenza a questi pazienti, la Società Italiana di Cardiologia Invasiva -GISE- con il supporto di tutta la comunità cardiologica italiana, la Società Italiana di Medicina di Emergenza Urgenza -SIMEU- e il 118, ha realizzato il progetto Rete IMA web, per la rilevazione nazionale dello stato di attuazione delle reti territoriali per il trattamento dell’infarto miocardico acuto -IMA-. Il rapporto è giunto alla seconda edizione: la prima condotta nel biennio 2007-2008, la seconda nel 2012-2013. “Il primo dato che emerge è rassicurante” ha precisato nel suo intervento Emanuela Piccaluga, Consigliere nazionale GISE, che ha curato il nuovo Rapporto Rete IMA Web2 “Circa il 95% della popolazione italiana vive in un luogo che si trova a una distanza coperta in 60 minuti da un centro attrezzato per curare adeguatamente l’infarto attraverso un’angioplastica, con un incremento del dato del primo rapporto del 2008 che era del 92,4%. Inoltre, oggi a livello nazionale l’angioplastica primaria è il trattamento di scelta del 64,7% dei casi, mentre nel 2008 ciò avveniva in poco più di un terzo dei casi.” Un altro dato significativo e fondamentale è relativo alla possibilità di fare una diagnosi precoce di infarto miocardico “sul territorio”, eseguendo un elettrocardiogramma (ECG) “sul posto”, direttamente durante il primo soccorso del paziente. L’ECG permette una diagnosi tempestiva di infarto acuto e questo consente l’attivazione del trasporto diretto in sala di emodinamica per l’intervento di angioplastica. “Nel 2008 questo avveniva in 7 casi su 10, oggi in 8 su 10, ma ancora più importante è la teletrasmissione dell’ECG, attualmente utilizzata nei due terzi dei casi, che consente di inviare, una volta fatta diagnosi, il paziente nell’ospedale idoneo più vicino, riducendo notevolmente i tempi di rivascolarizzazione”, ha aggiunto la Dott.sa Piccaluga. Infine, il dato che maggiormente testimonia l’evoluzione e i grandi passi in avanti compiuti dalla rete per l’assistenza al paziente infartuato in Italia come ha sottolineato la Dott.sa Piccaluga è che “È di fatto raddoppiato, passando dal 42,6% del 2008 al 79,6% del 2013, il volume degli accessi diretti, il cosiddetto fast track dei pazienti con diagnosi di infarto ai laboratori di emodinamica, senza transitare cioè dal pronto soccorso, con un accorciamento dei tempi di riperfusione. Ciò è stato reso possibile da diversi fattori, come un maggior ricorso da parte del cittadino al 118, un migliorato utilizzo dell’ECG per la diagnosi precoce e un corrispondente adeguamento dei modelli organizzativi delle strutture.” Rete IMA Web è un progetto promosso da GISE che è nato nel 2007 sulla scorta di un documento di consenso redatto nel 2005 da Federazione Italiana di Cardiologia (FIC) e GISE. “Emergeva allora chiaramente” ha ricordato Antonio Marzocchi, ideatore, promotore e coordinatore del progetto “la necessità di aumentare l’implementazione della terapia di riperfusione, offrire a tutti i pazienti la migliore cura disponibile, ridurre il ritardo nel trattamento e migliorare i risultati clinici nella gestione dell’infarto miocardico acuto, grazie alla messa a punto di una rete territoriale che comprendesse il triage preospedaliero con esecuzione dell’ECG diagnostico sul territorio e lo sviluppo di una rete interospedaliera per l’esecuzione della perfusione mediante angioplastica coronarica primaria, sulla base di un modello hub & spoke. Condividemmo con la Società Italiana Sistema 118 (SIS 118), la Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza (SIMEU) e rappresentanti delle regioni, l’idea e l’obiettivo di creare una rete integrata che rendesse disponibile la più rapida ed efficace terapia riperfusiva, per il maggior numero di pazienti, considerando il contesto temporale, geografico e organizzativo locale. Nacque così il progetto ‘Rete IMA web’, un programma dinamico di raccolta dati online per rilevare lo stato di attuazione di questa rete in Italia.” Ha proseguito Marzocchi “Con il progetto Rete IMA web abbiamo censito 157 ospedali in grado di trattare pazienti con infarto miocardico in atto grazie alla disponibilità di un laboratorio di emodinamica, ossia la struttura in cui eseguire l’angioplastica, attivo 24 ore su 24, per 7 giorni la settimana; altri 75 erano dotati di emodinamica non attiva H24 e 199 di unità coronarica UTIC, ma senza emodinamica. Oggi le 157 emodinamiche attive H24 sono diventate 188, con un incremento del 20%, ovviamente si sono ridotte a 45 quelle non attive H24.” La seconda rilevazione sullo stato della Rete è stata realizzata in collaborazione con il progetto “Stent for Life”, promosso dalla Società Europea di Cardiologia (ESC) e di Interventistica Cardiovascolare (EAPCI), fatto proprio in Italia da GISE. “Il nostro obiettivo era poter assicurare a tutti i pazienti con infarto miocardico acuto pari opportunità di tempestivo accesso alla procedura salva-vita dell’angioplastica primaria”, ha affermato Leonardo De Luca, Project leader di “Stent for Life”. “In circa tre anni di lavoro abbiamo identificato i possibili ostacoli all’attuazione di un sistema di rete funzionale ed efficiente e abbiamo cercato di arrivare alla realizzazione delle reti per l’infarto anche attraverso la stesura di decreti regionali, laddove non fossero già presenti. D’altronde, l’Italia è stata tra i primi Paesi europei ad eseguire l’angioplastica primaria: alcune aree e regioni del nostro Paese rappresentano a oggi un modello per l’organizzazione della rete per l’infarto”, ha aggiunto. “I dati GISE evidenziano come in Italia già nel 2008 si eseguivano circa 24.000 angioplastiche primarie, cresciute a circa 32.500 (con un aumento di oltre il 35%) nel 2014″ ha sottolineato Sergio Berti. Non si tratta solo di una crescita in valori assoluti. Grazie, infatti, all’adesione di alcune regioni target al progetto “Stent for Life”, con la realizzazione in poco tempo di documenti di condivisione di percorsi inter- e intraospedalieri e di adeguamento dei modelli organizzativi, il risultato che si è riusciti a ottenere è anche quello di una maggiore omogeneità di trattamento dell’infarto miocardico su tutto il territorio nazionale e, in ultima analisi, un significativo miglioramento nella gestione complessiva e nel trattamento dei pazienti infartuati a tutto vantaggio dei cittadini italiani, anche se ci sono sempre aree di miglioramento e occorre perseguire l’obiettivo di un miglioramento continuo” ha concluso Berti. “Tutto questo è stato fatto non solo con lo scopo di migliorare da un punto di vista medico e clinico le performance dei laboratori di emodinamica e delle strutture in cui operiamo” ha precisato nel suo intervento Alfredo Marchese, Consigliere nazionale GISE con delega ai rapporti con le associazioni dei pazienti “bensì tenendo bene in mente i bisogni del paziente e del cittadino. Partendo dal presupposto che per migliorare è necessario conoscere e che conoscere aiuta a confrontarsi, la fotografia che in questi anni abbiamo tracciato permetterà alla Società Italiana di Cardiologia Invasiva, in collaborazione con le associazioni di pazienti, anche attraverso la condivisione e la fruibilità di documenti congiunti informativi ed educativi, i tecnici del nostro Servizio sanitario e i decisori regionali, di agire con due obiettivi precisi: garantire l’accesso a questa, e ad ogni altra procedura salvavita futura, al maggior numero possibile di cittadini e favorire, anche nelle aree del Paese in cui questa Rete è ancora debole, un adeguamento ai livelli più elevati.” Concludiamo con le tre regole d’oro salvacuore, evidenziate dai medici che sono intervenuti alla presentazione del Rapporto “Rete IMA Web 2” e dalla Società Italiana di Cardiologia Invasiva GISE, davanti a sintomi come un forte e prolungato dolore al torace, insorto a riposo e simile a una morsa nel petto, non sottovalutare i sintomi ne escludere con autodiagnosi la possibilità di un infarto in corso e non attendere che passi, chiamare il 118 perché affidarsi a un intervento professionale è fondamentale in queste circostanze per poter agire il più velocemente possibile, intervenire rapidamente e professionalmente vuol dire salvare il proprio cuore e la propria vita e infine l’ultimo, ma più importante dei consigli non aspettare che arrivi un episodio di infarto al miocardio, ma prevenirlo con un corretto e sano stile di vita e con accertamenti diagnostici e visite specialistiche.