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A un anno dall’intervento il paziente che ha ricevuto l’organo sta bene e conduce una vita normale. Non parliamo di un caso qualsiasi, ma del primo trapianto di fegato da donatore con infezione da HIV in un ricevente sieropositivo. L’intervento, il primo in Italia, è stato condotto a Niguarda dall’équipe diretta da Luciano De Carlis, Direttore della Chirurgia Generale e dei Trapianti. Si tratta di una pratica eseguita solo tre volte finora, prima che al Niguarda anche in Inghilterra e in Svizzera, e che apre una nuova frontiera tutta da esplorare nel trapianto di fegato per aumentare il pool dei donatori, a favore dei riceventi.
Al momento del prelievo e del trapianto, i due soggetti – due uomini di mezza età entrambi portatori di un’infezione di lunga data – erano affetti da HIV con una forma di malattia ben controllata, indicata come “negativizzata”, grazie al trattamento con terapia antiretrovirale. “Il paziente ha ricevuto l’organo grazie ad una deroga del Nord Italian Transplant e del Centro Nazionale Trapianti al regolamento nazionale per la certificazioni degli organi trapiantati, che nel 2017 non contemplava la possibilità di utilizzare organi di donatori con infezione da HIV- spiega Massimo Puoti, Direttore della Malattie Infettive-”.
L’urgenza del trapianto era dettata dal fatto che il ricevente era affetto da una forma recidivante di tumore del fegato che complicava una cirrosi da virus B e Delta, per il quale il trapianto rappresentava l’unica soluzione curativa. “L’impiego di terapie antivirali e terapie immunosoppressive ha consentito un decorso regolare con un controllo del rigetto dell’infezione da HIV e una prevenzione dell’infezione da virus B e Delta del paziente trapiantato- indica Puoti-.”
Da caso eccezionale a intervento di routine: lo scorso marzo, infatti, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il protocollo che ha definitivamente introdotto la possibilità di trapiantare organi tra soggetti con infezione da HIV. “E’ stata così portata nella “routine”’ trapiantologica una novità davvero positiva, che potrebbe permettere tempi di intervento molto più brevi per i pazienti con HIV in attesa di un trapianto – ha sottolineato Puoti – Questa opportunità di cura andrebbe ora implementata diffondendo tra le persone con HIV la consapevolezza di poter divenire donatori in favore di altre persone sieropositive”.
Rispetto ai decenni precedenti la disponibilità delle terapie antiretrovirali ha determinato un’importante diminuzione della mortalità per la malattia da HIV nelle persone con l’infezione. Per questo motivo, all’inizio degli anni 2000, sono stati avviati in molti paesi del mondo, tra cui l’Italia, programmi per il trapianto di fegato, rene, cuore e polmone nei pazienti con infezione da HIV. I risultati di questi programmi sono stati sovrapponibili a quelli registrati nei pazienti senza infezione da HIV, in particolare nei trapianti di fegato.
“Al Niguarda – conclude Puoti – in quasi 6 anni sono stati eseguiti 27 trapianti di fegato per ricevente con HIV, tutti con ottimi risultati”.