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Negli esseri umani e più in generale negli gli organismi superiori il DNA è impacchettato sotto forma di cromatina, un complesso di DNA e proteine che contiene l’informazione genetica e contribuisce a regolarne l’espressione. La cromatina può trovarsi in due stati: l’eucromatina, meno condensata e associata a un’intensa attività di trascrizione genica e l’eterocromatina costitutiva, strutturalmente più compatta localizzata in regioni “periferiche”, come i centromeri e i telomeri.

Pur rappresentando una parte quantitativamente cospicua dei genomi, l’eterocromatina costitutiva è storicamente ritenuta priva di geni funzionali e di attività di trascrizionale. Per tale ragione viene considerata una sorta di discarica genomica di “DNA spazzatura” o nel migliore dei casi la parte “silenziosa” del genoma.

Oggi, un nuovo punto di vista sull’eterocromatina costitutiva viene presentato e discusso da un gruppo di ricercatori, fra i quali Patrizio Dimitri del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza, in una review made in Italy pubblicata sulla rivista “Trends in Genetics”.

Gli autori, esperti del settore, hanno fatto il punto della situazione, mettendo in luce aspetti che la comunità scientifica internazionale tende a trascurare. Aspetti evidenziati inizialmente da studi pioneristici di genetica classica e molecolare e più di recente grazie ad approcci di genomica. Nel complesso emerge che nell’organismo modello Drosophila melanogaster l’eterocromatina costitutiva contiene una sorprendente ed eterogenea varietà di sequenze geniche funzionali, alcune di grandi dimensioni fisiche, essenziali per lo sviluppo dell’organismo e il differenziamento cellulare. La presenza di geni funzionali nell’eterocromatina è stata dimostrata anche in altri organismi, specie umana compresa.

“In Drosophila, tra i geni eterocromatici “giganti” – commenta Patrizio Dimitri – si ricordino i geni di fertilità del cromosoma Y, ampiamente studiati fin dagli anni ’80 dal gruppo di Maurizio Gatti e Sergio Pimpinelli e Myosin 81F, identificato più recentemente che codifica una nuova proteina della famiglia delle miosine. Questi geni con più di 2 milioni di coppie di basi di DNA, hanno dimensioni addirittura paragonabili a quelle di un intero genoma batterico”.

“La nostra review – spiega Dimitri – ha l’obiettivo di diffondere un nuovo “ritratto” funzionale dell’eterocromatina costitutiva, sia in prospettiva sperimentale che in chiave didattica. Infatti, lo studio e la delucidazione dei meccanismi epigenetici mediante i quali i geni sono espressi all’interno dell’eterocromatina costitutiva di Drosophila potrebbe contribuire ad approfondire le relazioni tra disfunzioni dei suddetti meccanismi e l’origine di forme tumorali e patologie umane legate ad alterazioni dello stato cromatinico.

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