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Un nuovo report dell’Institute for Scientific Information on Coffee sottolinea il ruolo potenziale del consumo di caffè nel ridurre il rischio di sviluppo di sindrome metabolica, una patologia che si stima colpisca più di un miliardo di persone in tutto il mondo, e che può aumentare il rischio di problemi cardiovascolari, comprese le cardiopatie coronariche e l’ictus.

La sindrome metabolica è un quadro clinico complesso, determinato dalla presenza simultanea di tre condizioni: diabete, pressione alta e obesità. Ognuna di queste condizioni, considerate singolarmente, è un riconosciuto fattore di rischio per cuore e vasi sanguigni; la loro combinazione aumenta in modo significativo la probabilità di essere colpiti da problemi cardiaci, ictus e altri disturbi vascolari.

Il rapporto, intitolato ‘Coffee and Metabolic Syndrome: A review of the latest research’, riassume le evidenze della ricerca discussa in un simposio satellite di ISIC durante la 13a Conferenza Europea sulla Nutrizione organizzata dalla Federation of European Nutrition Societies a Dublino, Irlanda.

Durante il simposio, il professor Giuseppe Grosso dell’Università di Catania ha illustrato le proprie ricerche scientifiche sull’associazione tra consumo di caffè e sindrome metabolica in due coorti di soggetti polacchi e italiani. Le sue ricerche suggeriscono che i polifenoli contenuti nel caffè possano essere coinvolti in un’associazione inversa con lo sviluppo della patologia. Ha anche discusso ricerche che suggeriscono che un consumo moderato di caffè sia associato ad una riduzione di mortalità per tutte le cause, patologie cardiovascolari e cancro, così come una riduzione del rischio di ipertensione e diabete di tipo 2.

A questo proposito, il professor Grosso sottolinea: “Ci sono molteplici evidenze che suggeriscono la possibilità di numerosi benefici sulla salute associati ad un consumo moderato di caffè. Comunque, ulteriori studi andrebbero condotti per personalizzare al meglio il consumo ideale di caffè e i reali effetti dei vari tipi di caffè.”

Inoltre, la professoressa Estefania Toledo dell’Università di Navarra ha presentato ulteriori evidenze da studi condotti su una popolazione spagnola che mostrano l’associazione tra il consumo di caffè e la sindrome metabolica. La sua ricerca sulla coorte SUN ha coinvolto 22.000 persone e ha preso in considerazione, in particolare, il caffè con caffeina e decaffeinato. Lo studio ha concluso che, per entrambi i tipi di caffè, un consumo moderato è associato ad un rischio ridotto della patologia.

I principali risultati della ricerca presentati nel Report comprendono: un consumo da 1 a 4 tazze di caffè al giorno è associato ad un rischio ridotto di sindrome metabolica in studi osservazionali; la ricerca suggerisce che condizioni specifiche della patologia, quali diabete di tipo 2 e ipertensione, sono inversamente associate al consumo di caffè. L’associazione con l’obesità è meno chiara; l’associazione inversa tra consumo di caffè e sindrome metabolica è stata dimostrata sia negli uomini che nelle donne; sono necessarie ulteriori ricerche per meglio comprendere i meccanismi coinvolti nell’associazione. Fino ad oggi, è stato considerato di rilievo il ruolo dei polifenoli e degli acidi idrossicinnamici.

Infine, un recente documento congiunto di Ministero della Salute, società scientifiche e associazioni, redatto dall’Alleanza Italiana per le malattie cardio-cerebrovascolari, ha riportato come il caffè nel lungo termine sembrerebbe avere effetti protettivi, anche di tipo metabolico, come indicano – sia pur in modo controverso – diversi studi epidemiologici e clinici sul tema.