Print Friendly, PDF & Email

Si sono celebrati ad Aprilia, Sabato 29 Settembre, i 100 anni dell’Istituto Biochimico Italiano Lorenzini. Dal 1918 quando il fondatore Giovanni Lorenzini posò la prima pietra a Milano, e poi dal 1975 ad Aprilia (Roma), sotto l’impulso decisionale e imprenditoriale di tre donne – dapprima Loredana, figlia del fondatore, che a sua volta trasferì le redini alla figlia Lydia e infine a Camilla Borgese, attuale Presidente, nipote del bisnonno Giovanni – di strada l’azienda ne ha fatta tanta. Dalla scoperta del valore delle vitamine nella prevenzione di diverse patologie, alla creazione di antibiotici innovativi e di farmaci per patologie gastrointestinali, fino a partnership internazionali in progetti di ricerca all’avanguardia nell’area delle biotecnologie e della nanomedicina. IBI oggi esporta circa l’80% della propria produzione negli Stati Uniti.
Innovativa, votata all’internazionalità, altamente competitiva, attiva nella ricerca per la creazione di nuove molecole e farmaci high e biotech, secondo una visione industriale (ma non solo) 4.0, quella proiettata già al domani. Sono le caratteristiche e le qualità dell’industria e della produttività farmaceutica italiana che qualificano il settore come un ‘polo di eccellenza’ per l’economia nazionale e la salute del paziente. Lo testimoniano anche i dati di IBI, presentati durante la manifestazione del centenario: 39 principi attivi ideati, utilizzati  in prevalenza per la produzione di antibiotici e farmaci per patologie gastrointestinali, 186 prodotti finiti, 10% di produzioni biotech, 80% di farmaci esportati all’estero, per la gran parte negli Stati Uniti, 2 filiali distributrici in Europa che soddisfano le richieste di 20 Paesi nel mondo, 84 milioni di euro di fatturato, 50 milioni di euro investiti in innovazione, ricerca e sviluppo negli ultimi 10 anni. «Il punto di forza – dichiara Camilla Borgese, Presidente IBI – che ci ha consentito di raggiungere questo importante traguardo è la passione che la squadra IBI mette nel nostro lavoro, e che spinge a una crescita professionale quotidiana per mantenere il passo con le esigenze di tecnologie, soluzioni e una proiezione al futuro sempre più innovativa».  Una realtà virtuosa, quella di IBI Lorenzini, tuttavia non unica nel Lazio, dove si concentra gran parte della produzione farmaceutica italiana.
È un punto di forza per la regione, merito anche di tre valori aggiunti: la dimensione delle imprese mediamente più grande rispetto a quelle nazionali; la propensione alle esportazioni, orientate per 2/3 verso paesi della Comunità europei, di cui i fulcri produttivi sono la zona di Latina e di Frosinone, e una quota di esportazione regionale superiore alla media nazionale; l’utilizzo di tecnologie avanzate, fra cui cloud computer, Big Data mediamente superiore nelle imprese laziali, rispetto a quella nazionale.  I dati di ‘high-superiority’, delle aziende farmaceutiche del Lazio, emergono da una indagine di Banca d’Italia che ogni anno analizza lo stato di Salute e di produttività di 4 mila imprese italiane, di cui 250 nel Lazio e 15 del settore farmaceutico. Queste, seppure esigue in numero, sono in grado di coprire per oltre il 50% gli addetti del settore all’interno della regione e rappresentative di imprese di grosse dimensioni. Se la produttività è di eccellenza, sono invece da migliorare, almeno per il Lazio, la competitività e soprattutto gli investimenti in beni materiali, ricerca e sviluppo, dove la regione sembra lievemente al di sotto della media territoriale.
Dopo aver ‘scoperto’ il valore biologico delle vitamine nella prevenzione di diverse malattie e avere sviluppato molecole per terapie antibiotiche o per patologie gastrointestinali innovative, oggi l’azienda punta all’high-tech. Ovvero alla creazione di cure all’avanguardia basate, ad esempio, su anticorpi monoclonali e sistemi di delivery innovativi come le nanoparticelle, con un importante obiettivo: implementare la conoscenza soprattutto in ambito di neuroscienze, tra le più recenti aree di interesse di IBI Lorenzini, e contribuire a una possibile svolta terapeutica nella cura di malattie neurodegenerative come Alzheimer e tumori. «Per arrivare a colpire nel segno queste malattie – commenta Borghese – esplorando nuovi ambiti scientifici, come ad esempio l’immuno-oncologia, è fondamentale la collaborazione fra ricerca di base e ricerca clinica industriale e implementare delle ‘forti’ partnership internazionali».
“Fare per Dare”. È il motto da 100 anni dell’Azienda, consapevole che i successi non si conquistano da soli, ma facendo parte di un progetto. Come “B-Smart”, finanziato dalla Comunità Europea, che vede alleate 9 istituzioni internazionali di forte peso scientifico per raggiungere una migliore conoscenza dell’Alzheimer. «Stiamo lavorando e cooperando – aggiunge la Presidente – su un principio attivo, l’RNA cioè l’acido ribonucleico, che ha la potenzialità di poter bloccare la produzione di proteine responsabili dell’insorgenza e progressione delle malattie degenerative». Ma anche “Nanogskin”, un progetto di ricerca internazionale dedicato allo studio e allo sviluppo della nanomedicina. Alla guida del progetto NanoGrowSkin c’è il Prof. Miguel Alaminos, dell’Instituto de Investigación Sanitaria de Granada, Spagna, che coordina un team internazionale – di cui fa parte anche il gruppo di Ricerca e Sviluppo dell’Istituto Biochimico Italiano, impegnato nello scale-up ed industrializzazione del processo per la produzione delle nanoparticelle contenenti antibiotici. L’obiettivo è quello di superare le due problematiche principali connesse con il trapianto di pelle, nel caso di ferite croniche o nei grandi ustionati: i lunghi tempi di crescita della pelle e l’insorgenza di complicanze associate a infezioni.  La soluzione proposta da NanoGrowSkin prevede l’utilizzo di nanoparticelle, contenenti fattore di crescita epidermico umano ricombinante e antibiotici.
A questi si aggiungono 2 progetti di biotecnologia, l’area più innovativa, cofinanziati da Regione Lazio e dalla Comunità Europea nei quali IBI partecipa come partner: “REVER3MAB”, il cui obiettivo è  ideare un farmaco biologico per revertire la resistenza a terapie oncologiche convenzionali  e “MenHub”, che punta invece alla creazione di un polo di attrazione industriale per aziende biotech nel Lazio, basato sulla tecnologia molecolare DEPArrayTM per isolare le cellule tumorali. «Siamo rivolti e impegnati all’innovazione su diversi fronti – aggiunge la Presidente – sia sul lato produttivo e di distribuzione GMP con l’utilizzo di tecnologie 4.0, come Internet of Think, la processazione e raccolta dei dati, sia terapeutico. Cerchiamo infatti di applicare il nostro know-how e expertise nella produzione GMP e nella messa a punto di farmaci, collaborando con centri europei altrettanto all’avanguardia e innovativi. Inoltre, grazie alle nuove autorizzazioni ottenute da AIFA nel 2015, siamo entrati a pieno regime nella produzione di prodotti biologici per studi sperimentali. Ad essi contribuiamo sia ‘tecnologicamente’, isolando e purificando la proteina da cellule di mammifero, sia ‘materialmente’, confezionando il prodotto finale per la sperimentazione».
IBI Lorenzini è la prima azienda farmaceutica italiana a rendere “visibile” il percorso produttivo dei propri farmaci, precorrendo i tempi. La normativa Europea che renderà obbligatorio in Europa, come già accade in Usa, la tracciabilità dei farmaci in tutto il percorso di filiera – dalla nascita in laboratorio, alla produzione in azienda, alla distribuzione e commercializzazione – utile a contrastare il fenomeno della contraffazione o di ‘false’ terapie introdotte nel mercato, entrerà in vigore nel febbraio 2019. In Italia solo nel 2025. «La tracciabilità dei farmaci richiede l’implementazione di un sistema con tecniche altamente sofisticate, molto costose e non remunerate dal mercato, tuttavia lo riteniamo un ‘investimento’ necessario e doveroso per la salute e la tutela dei pazienti e dell’intera collettività».
Una impresa 4.0 a tutti gli effetti, votata alla ‘smart factory’ e all’innovazione, implementando l’automazione. Quest’ultima si traduce nella migliore gestione della sicurezza per strumenti e lavoratori/ricercatori, ‘specializzazione’ del lavoro, protezione di dati sensibili con l’installazione di sistemi di Cyber Security. IBI Lorenzini ha interpretato così il concetto di industria 4.0, investendo negli ultimi 10 anni 50 milioni di euro in innovazione, ricerca e sviluppo. Ma anche nelle infrastrutture, elemento chiave per consentire la crescita del lavoro, e nella formazione delle risorse umane, interne cui sono offerti oltre 6 mila ore di ‘perfezionamento’ all’anno, e all’esterno con progetti di Scuola Lavoro entrando nel mondo accademico, dalle prime classi fino all’università. Nell’ottica della formazione e del trasferimento di competenze, IBI si è impegnata in un progetto dedicato anche a studenti stranieri del Camerun, laureandi in settori farmaceutici in Università Italiane (Camerino, Urbino e Roma Tor Vergata), accolti in Azienda per poi essere (ri)avviati dopo il periodo di training,  al Paese di origine con le competenze per avviare un laboratorio galenico farmaceutico.