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Ogni anno, in Italia, circa 50mila persone vengono colpite da arresto cardiaco improvviso, un’aritmia maligna che può diventare letale se non si interviene tempestivamente con un defibrillatore, ripristinando il normale ritmo cardiaco e il flusso di sangue nel corpo attraverso una sorta di “choc elettrico”. L’argomento è ben noto al mondo sportivo, sgomento davanti alle morti improvvise di giovani atleti.
Per questo, di defibrillatori e della loro insostituibile funzione salvavita si parlerà a Roma giovedì 28 settembre, in apertura del 18° Congresso Nazionale Sic Sport, presieduto dal Prof. Antonio Pelliccia, Responsabile cardiologia Istituto di Medicina e Scienza dello sport del CONI, che affronterà in tre giornate i temi più attuali della cardiologa in ambito sportivo.
I defibrillatori che siamo abituati a conoscere sono quelli esterni. Vengono utilizzati per gli interventi di emergenza e, secondo i dati più recenti, portano da 9 a 93% le possibilità di sopravvivenza in caso di arresto cardiaco.
Ma la tecnologia medica ha fatto passi da gigante in questo settore e le soluzioni terapeutiche più evolute prevedono, oggi, anche defibrillatori impiantabili sottocutanei che forniscono al paziente un supporto di 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno e sono destinati a soggetti a rischio di aritmie cardiache maligne. Possiamo considerarli dei veri e propri “angeli custodi” che vengono impiantati nel paziente per prevenire episodi ad alto rischio.
Due le tipologie oggi disponibili: i defibrillatori che per funzionare necessitano di elettrocateteri transvenosi e quelli che funzionano senza toccare né il cuore né i vasi sanguigni, pur garantendo la medesima efficacia nel prevenire l’arresto cardiaco improvviso. S-ICD è nato dalla ricerca Boston Scientific, ha ottenuto il marchio CE e l’approvazione della FDA ed è l’unico dispositivo che funziona senza coinvolgere il cuore e l’apparato sanguigno.
Il sistema, costituito da un generatore di impulsi che monitora l’attività del cuore e, quando necessario, eroga una scarica, e da un elettrocatetere che rileva il ritmo cardiaco e trasmette le scariche quando necessario, viene impiantato sottopelle con un intervento minimamente invasivo.
L’assenza di rischi, altrimenti connessi all’inserimento dei cateteri transvenosi, è ampiamente certificata e per questo il mondo della medicina sportiva guarda con grande attenzione a questa soluzione terapeutica che consente di affrontare in sicurezza patologie cardiache ad elevato rischio.
Bassa invasività e nessuna limitazione anche per chi pratica sport attivo “legittimano” ampiamente il consenso registrato da questa innovazione. Ulteriore elemento a favore dell’impianto sottocutaneo è la sua ridotta invasività anche sul piano estetico, un fattore niente affatto trascurabile e apprezzato soprattutto dai pazienti più giovani.
Il Congresso di Roma, cui partecipano i massimi esperti di cardiologia dello sport, farà il punto su questa e altre tecnologie che la medicina moderna mette a disposizione del mondo sportivo, per contribuire allo sviluppo del settore secondo parametri di sicurezza, efficacia, cultura della prevenzione.

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