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L’ENEA sta sviluppando insieme a IGEA, azienda modenese leader nel campo della biofisica clinica una nuova terapia genica sicura e a basso costo per curare una malattia genetica molto rara come la Glicogenosi di tipo 3. Il progetto, denominato ‘STEG 3’, è incentrato sullo sviluppo di una strategia molecolare brevettata dall’Agenzia insieme all’Associazione Italiana Glicogenosi e, per la sua valenza, è stato inserito nella graduatoria delle iniziative finanziate attraverso lo speciale Fondo interno di “Proof of Concept” creato da ENEA con l’obiettivo di avvicinare al mercato tecnologie innovative in partnership con imprese interessate. In questo caso il finanziamento sarà di circa  96.300 euro di cui 43.500 sostenuti dall’Agenzia.

Nello specifico, il progetto mira a realizzare un composto con DNA sintetico, in grado di ‘sostituire’ la proteina mancante nelle persone colpite dalla Glicogenosi di tipo 3; fra i vantaggi di questa invenzione, il poter inserire nei tessuti ‘bersaglio’ geni anche molto grandi, con trattamenti che possano essere ripetibili. Fra i possibili vantaggi di questa terapia anche quello di indurre una minore reazione immunitaria e di essere applicabile ad altre malattie genetiche, rare e non, che determinano la compromissione dei muscoli scheletrici.

La GSDIII è una malattia che si manifesta a pochi mesi dalla nascita o durante l’infanzia e ha come conseguenza l’ingrossamento del fegato, l’ipoglicemia e un ritardo della crescita fino ad un indebolimento dei muscoli che negli adulti arriva ad una forma di distrofia muscolare. Ad oggi, non è disponibile alcuna terapia specifica ed il controllo della malattia si basa essenzialmente su indicazioni dietetiche.

“La malattia, causata da mutazioni del gene, è caratterizzata dall’accumulo progressivo di glicogeno anomalo che causa un’alterazione del metabolismo epatico e della funzionalità muscolare. Il metodo che abbiamo brevettato è in grado di produrre elevati livelli della proteina GDE mancante e si basa sull’ inserimento nelle cellule di un gene sintetico, attraverso un approccio di terapia genica che, a differenza di quelli maggiormente in uso, non prevede l’impiego di agenti virali e per questo hamaggiore capacità di veicolare sequenze lunghe di DNA – spiega Rosella Franconi, ricercatrice del Laboratorio Tecnologie Biomediche dell’ENEA-. Con questo metodo si può pensare di intervenire localmente dove il disturbo si presenta, in particolare nel trattamento dei tessuti e degli organi più colpiti come il muscolo scheletrico, riattivandone  le loro funzionalità”, conclude Franconi.

Il Progetto è fra i 37 progetti selezionati da un’apposita commissione di esperti ENEA e di IBAN, l’Associazione Italiana dei Business Angels, fra oltre 170 presentati. Il Fondo è nato nel 2018, ad oggi ha investito circa 1,67 milioni di euro ed è uno dei tre ‘pilastri’ della Knowledge Exchange Strategy lanciata da ENEA per rafforzare il trasferimento tecnologico alle imprese. Il KEP dà alle aziende la possibilità di iscriversi gratuitamente al portale kep.enea.it che raccoglie tecnologie, competenze e infrastrutture ENEA suddivise per specifiche aree tematiche: energia, beni culturali, diagnostica avanzata, strumenti medicali, biotecnologie e agroindustria e sicurezza delle infrastrutture critiche.

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