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Mal di testa, nausea, sonnolenza, perdita del controllo dei muscoli, difficoltà a deglutire. Sono i sintomi della maggior parte dei casi di medulloblastoma, il cancro cerebrale più comune in età pediatrica, in grado di colpire anche gli adulti. In Italia colpisce circa sette bambini su un milione, secondo i dati dell’Associazione italiana registri tumori. A provocare i sintomi sembra essere il blocco del flusso di liquido cerebrospinale all’interno del sistema nervoso centrale, provocato dal tumore. Resta però ancora oscura l’origine del medulloblastoma e i suoi fattori di rischio.
A fare luce sui meccanismi di insorgenza di questo tipo di tumore è uno studio coordinato dall’Università di Trento, i cui risultati sono stati pubblicati oggi dalla rivista scientifica Cell Reports. Lo studio si è concentrato su un sottogruppo di medulloblastoma con alcune caratteristiche molecolari e la ricerca è stata svolta grazie al sostegno della Fondazione Armenise-Harvard e di Fondazione Airc per la ricerca sul cancro.
Secondo il gruppo di ricerca coordinato da Luca Tiberi, a scatenare questo tumore particolarmente aggressivo sarebbero dei neuroni impazziti. Spiega Tiberi: «Abbiamo identificato un nuovo meccanismo attraverso il quale si sviluppa il medulloblastoma. Prima si pensava che le cellule staminali, che soprattutto nei bambini danno luogo alla proliferazione e alla crescita dei tessuti, fossero le uniche in grado di dare origine a tumori. Noi invece abbiamo dimostrato che anche i neuroni, ovvero le cellule mature, possono farlo. Questa scoperta apre nuovi ambiti nella ricerca sul cancro e potrebbe anche cambiare il modo di fare diagnosi e di testare e sviluppare nuovi farmaci anti-tumorali».
Lo spiraglio è importante se si considera che i tumori cerebrali sono patologie aggressive con poche possibilità terapeutiche. La chirurgia non sempre è possibile, e chemioterapia e radioterapia lasciano ancora a desiderare per questo tipo di patologie. Non è infrequente poi che, anche se le terapie funzionano, il tumore si ripresenti a distanza di tempo con una recidiva. In tal caso le cure sono generalmente inefficaci. La sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi di medulloblastoma si aggira intorno al 60-70%.
L’articolo, dal titolo “Truncated BRPF1 cooperates with Smoothened to promote adult Shh medulloblastoma”, è stato pubblicato oggi, 17 dicembre 2019, sulla rivista Cell Reports.
Autori e autrici sono: Giuseppe Aiello, Claudio Ballabio, Riccardo Ruggeri, Luca Fagnocchi, Marica Anderle, Ilaria Morassut, Davide Caron, Francesca Garilli, Silvano Piazza, Alessandro Romanel, Alessio Zippo e Luca Tiberi dell’Università di Trento con Francesca Gianno e Felice Giangaspero dell’Università la Sapienza di Roma.