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L’industria della sanità cura l’economia e la società del Paese. Così il Rapporto di Confindustria sulla filiera della salute riassume il grande valore economico e sociale che il comparto costituito da sanità pubblica, impresa privata e indotto mette al servizio dell’Italia.
Secondo lo studio, realizzato insieme alle Associazioni confederali di categoria che rappresentano la filiera stessa, la c.d. “white economy” è ormai un potente driver dell’economia italiana: contribuisce al Pil nazionale per il 10,7%, dando lavoro ad oltre 2,4 milioni di persone circa il 10% dell’occupazione complessiva.
Il perno decisivo della “white economy” è costituito dall’industria privata della salute: un settore i cui principali indicatori di performance– nonostante la crisi – registrano miglioramenti significativi sia in termini percentuali, rispetto al totale nazionale, sia in termini assoluti. La filiera della salute “privata” rappresenta da sola,rispetto all’economia del Paese, il 4,9% del fatturato (144 miliardi di euro), il 6,9% del valore aggiunto (49 miliardi di euro), il 5,8% dell’occupazione (circa 910.000 persone) e il 7,1% delle esportazioni (oltre 28 miliardi di euro), con valori tutti in crescita rispetto al 2008.
Un gigante economico, ma anche un comparto industriale anticiclico: di fronte ad un valore aggiunto complessivo dell’economia italiana rimasto pressoché invariato tra il 2008 e il 2015, il Rapporto rileva che quello della filiera della salute è cresciuto del 14,3%. Ancora migliore è il dato sull’occupazione (in gran parte altamente qualificata), in aumento del+3,35% tra il 2008 e il 2015, contro un dato nazionale negativo (-9,2%).
Una filiera nella quale è più forte il posizionamento competitivo dell’Italia. Molto significativi sono infatti anche i dati sulla spesa in ricerca e innovazione (circa 2,8 miliardi di euro in valore assoluto nel 2016, il 13% del totale degli investimenti in ricerca e innovazione in Italia, con un’incidenza sul valore aggiunto generato dalle imprese superiore al 15%).Un modello vincente e innovativo, tipico di quell’approccio multidisciplinare basato sulla condivisione della conoscenza che caratterizza i sistemi economici più avanzati. La crescente partecipazione delle imprese della filiera ai bandi europei per la ricerca ne costituisce una delle più recenti testimonianze.
Grazie a questi numeri, la filiera della salute contribuisce in modo determinante all’efficacia delle cure per i cittadini, e con essa, al miglioramento costante della qualità e della lunghezza della loro vita, portando il nostro Paese ai primi posti nelle classifiche internazionali.
La “white economy” è, insomma, una delle principali aree di sviluppo dell’economia in cui il nostro Paese ha un considerevole vantaggio competitivo. Ciò anche grazie al modello di sanità pubblica adottato, all’integrazione virtuosa fra componente pubblica e privata e all’eccellenza nelle competenze espressa dalla componente medica e professionale.
Un mix unico che, per svolgere appieno il suo ruolo di leva per lo sviluppo, va inserito nel suo complesso come ambito di politica industriale, valorizzandone le eccellenze e promuovendole anche al di fuori del contesto italiano come elemento costitutivo del Made in Italy.
Un ambito decisivo per la crescita economica degli anni futuri, che ha bisogno di risorse coerenti con questi obiettivi ambiziosi e con una domanda di salute in netto aumento: una migliore integrazione di risorse pubbliche e private, con lo sviluppo della sanità complementare, rappresenta in questo senso una scelta non più rinviabile.