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L’isolamento del nuovo coronavirus è stato realizzato nel giro di pochi giorni dagli specialisti del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, diretto dal professor Massimo Clementi, a partire dai campioni prelevati da due pazienti con infezione respiratoria acuta, ricoverati da sabato 29 febbraio.

Altre cinque colture, provenienti da altri pazienti, sono al momento in corso.

I campioni di virus isolati in tutto il mondo e in Italia – allo Spallanzani e al Sacco e ora al San Raffaele – sono fondamentali per permettere ai ricercatori di studiare l’agente patogeno, testare possibili farmaci antivirali e vaccini e capire meglio la sua origine.

Isolare un virus, come suggerisce la parola, indica la capacità di “separarlo” dall’organismo da cui proviene. L’obiettivo è ottenerne grandi quantità in coltura e poterlo studiare in laboratorio.

L’isolamento viene effettuato a partire da un campione prelevato da un paziente infetto.

Attraverso una complessa e delicata procedura i ricercatori riescono a eliminare il materiale inutile contenuto nel campione, come le cellule del paziente o eventuali batteri, e a inoculare il virus in colture cellulari ad hoc, dove il virus può replicarsi.

L’isolamento del virus può essere più o meno facile a seconda della capacità infettivadel patogeno.

“Il fatto che siamo riusciti a isolare SARS-CoV-2 così velocemente e in numerosi campioni è solo l’ulteriore evidenza che questo virus si trasmette in modo molto efficiente anche in vitro, oltre che in vivo”, afferma il professor Massimo Clementi, ordinario di Microbiologia e Virologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele.

Il suo laboratorio vanta una lunga esperienza nello studio dei Coronavirus e nel 2003 ha isolato l’unico ceppo italiano della SARS.

L’isolamento del virus è solo il primo passo: dalle colture così ottenute si possono poi produrre dei campioni da guardare al microscopio.

Attraverso l’osservazione delle cellule infettate, che mostrano anomalie nella forma e nella struttura, è infatti possibile capire alcune caratteristiche dell’azione del patogeno sui tessuti.

Non solo, ma icampioni di virus sono fondamentali anche perché costituiscono il materiale di partenza per testare nuovi farmaci antivirali; lo sviluppo di un vaccino; per comprenderne il percorso evolutivo, grazie alle moderne tecniche di sequenziamento genetico.

“Per questo è auspicabile che questi nostri virus isolati, come quelli che sono stati ottenuti all’Ospedale Spallanzani e all’Ospedale Sacco, siano gestiti in biobanche che possano contribuire alla ricerca collettiva sul nuovo coronavirus”, conclude Massimo Clementi.