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Un piano di monitoraggio moderno, basato sui flussi informativi, che punta a ottimizzare gli investimenti già disponibili e soprattutto a migliorare l’assistenza grazie a una rete ospedaliera più razionale ed efficiente. Il Ministero della Salute avvia una nuova fase di potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale dando la possibilità alle Regioni di valutare la propria produttività e le performance di ogni struttura sanitaria, oltre gli strumenti e obiettivi per migliorare cure e assistenza al pubblico. Dalla Direzione della Programmazione del Ministero, in questi giorni sono partite 21 lettere alle Regioni e alle Province Autonome per fornire gli elementi utili all’allineamento dell’offerta ospedaliera alle migliori pratiche sanitarie. L’obiettivo è quello di indurre un miglioramento che abbracci tutta l’offerta ospedaliera andando in particolare a rafforzare i poli specializzati su patologie e cure a maggior impatto sociale.
Le indicazioni prendono spunto da un’attenta verifica delle performance raggiunte. Sulla base di quanto previsto dal Decreto Ministeriale 70/2015 “Regolamento degli standard ospedalieri”, infatti, è stato istituito un processo di monitoraggio capillare e di verifica costante sull’efficienza di Aziende Ospedaliere, Aziende Ospedaliere Universitarie, Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), Strutture private accreditate. Il meccanismo di valutazione e le informazioni raccolte consentono di rilevare e valutare le performance delle strutture ospedaliere al livello del singolo reparto. I dati sono stati vagliati sulla base di criteri oggettivi validati dalla comunità scientifica, prendendo in considerazione anche le specificità del territorio e della popolazione del bacino di riferimento. A ogni Regione, sono segnalate eventuali anomalie del singolo reparto: sottodimensionamento, target non raggiunti, sovrapposizioni con altre realtà limitrofe, necessità di riconversione. Al tempo stesso viene indicato l’obiettivo da raggiungere.
I dati raccolti denunciano piccole e grandi anomalie. Molti punti nascita non raggiungono il target dei 500 parti, che rappresenta la soglia al di sotto della quale è dimostrato che i criteri di qualità e sicurezza dell’assistenza risultano meno garantiti. Senza contare che a livello regionale si registrano percentuali variabili di parti cesarei, che vanno dal 20% al 59%. Per quanto riguarda il trattamento dell’infarto miocardico, alcuni reparti specializzati (emodinamiche) praticano poche decine di interventi, mentre è assodato che in caso di Infarto Miocardico Acuto, nelle realtà che effettuano oltre 250 interventi l’anno cresce l’efficacia delle PTCA (Angioplastica Coronarica Transluminale Percutanea). Basti pensare che, laddove si registra una proporzione inferiore al 25% di pazienti con Infarto Miocardico Acuto trattati con PTCA entro 2 giorni, nel 98% dei casi si tratta di strutture che effettuano meno di 250 PTCA/anno. Analogamente, si registrano dimissioni da discipline che effettuano meno di 150 primi interventi su tumori della mammella incidenti, mentre numerosi studi dimostrano la correlazione tra il volume delle prestazioni annue realizzate in un reparto ed esito finale delle operazioni. In tutte queste strutture sanitarie sottodimensionate, dunque, si riscontrano due problemi: le cure sono più costose per il SSN e, soprattutto, possono mostrare una minore qualità.
Dall’analisi effettuata in base ai dati del 2016 è emerso come il 48,3% delle strutture che effettuano l’Angioplastica Coronarica Transluminale Percutanea non rispettano gli standard.
Solo il 16,2% delle strutture che effettuano interventi su tumori alla mammella sono entro gli standard.
Il 22,4% dei punti nascita è sotto la soglia standard dei 500 parti l’anno.

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